Agenda del governo Meloni: da pace fiscale, pensioni e pubblica amministrazione

Il governo Meloni c’è, ha un suo programma, soprattutto ha una sua leder, donna, che sa farsi valere. Questo governo, sul programma presentato da Meloni, è compatto, coeso; è un governo che ha pieno diritto di essere considerato europeo e anche atlantista, perché questo sono tutti gli esponenti della coalizione che lo formano. C’è poco da dire, la Meloni l’ha spiegato bene quando ha detto: “Io ero un outsider, un underdog, quella sfavorita quella su cui nessuno avrebbe puntato e invece ce l’ho fatta perché sono andata avanti con le mie idee“.

Nel primo discorso da Presidente del Consiglio – prima donna nel nostro Paese – Meloni non nasconde le difficoltà di cui si dovrà fare carico, a partire dall’emergenza del caro-energia, perché l’Italia è “una nave in tempesta”. Ma, assicura, è alla guida di un “equipaggio capace” e lei ce la metterà tutta, anche a costo di non “non essere rieletta”, per portare la nave in porto, al sicuro.

Meloni ha anche annunciato una rivoluzione copernicana sulla quale “dovrà nascere un nuovo patto fiscale, che poggerà su tre pilastri. Il primo: ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità: riforma dell’Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare ed estensione della tassa piatta per le partite Iva dagli attuali 65 mila euro a 100 mila euro di fatturato. E, accanto a questa, introduzione della tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente: una misura virtuosa, con limitato impatto per le casse dello Stato”.

Terzo punto del patto fiscale sarà “una serrata lotta all’evasione fiscale (a partire da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva)” che deve essere “vera lotta all’’evasione non caccia al gettito”, e sarà “accompagnata da una modifica dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate, che vogliamo ancorare agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora”.

“Posso dire che i calcoli che stiamo facendo con i tecnici della Lega, ci permettono di dire che può essere stoppata la legge Fornero, avviando quota 41 magari da 61-62 anni. E i soldi li prendi rivedendo il reddito di cittadinanza, che ora è eterno, ma se metti un periodo di pausa recuperi le risorse”.

E’ quanto ha affermato il vice premier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini parlando a ‘Fuori dal Coro’ su Rete 4.  E proprio sul tema si alza già la temperatura, con il Movimento Cinquestelle pronto a dare battaglia serrata qualora il centrodestra volesse abolire la misura che “difenderemo in prima linea”, assicurano i pentastellati.

“Durante la pandemia il numero di lavoratori in smart working è passato da 500mila a 5 milioni, è uno strumento che può funzionare e rinunciarvi significherebbe dire che la Pubblica amministrazione è diversa” dalle altre realtà lavorative. Lo spiega a Radio 24 Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica Amministrazione

Un deciso cambio di paradigma rispetto alla gestione Brunetta, che aveva più volte stigmatizzato il ricorso al lavoro agile. L’ex ministro, che ha lasciato Forza Italia dopo la del governo Draghi, ha sempre manifestato una certa insofferenza per il lavoro da remoto, che considera una sorta di luogo perditempo per i dipendenti pubblici. Ma si sa, il lavoro pubblico ha da sempre problemi con la solerzia e le performance, anche in ufficio, anche in presenza.

Per Zangrllo lo smart working è invece un’opportunità, a patto che si cambi la prospettiva da cui lo si osserva. Ha dichiarato di “voler capire con quali modalità possiamo usare questo strumento”. “Ma se il sindacato rivendica lo smart working” come possibilità operativa, spiega, deve anche accettare che così “si passa da un logica di controllo a una di verifica dei risultati“.

A breve “incontrerò i sindacati e mi prendo l’impegno a lavorare sui contratti” ma nella Pubblica amministrazione “dobbiamo essere capaci di misurare il risultato: non penso che il sindacato sia contrario a premiare il merito”, ha detto ancora Zangrillo aggiungendo che “non devono esserci tabù: bisogna abituare la P.A. ad avere responsabilità sui risultati”. “Dobbiamo dimostrare di riuscire a valorizzare le persone: la P.A., come ogni amministrazione, deve puntare a valorizzare il proprio capitale umano” ha spiegato il ministro precisando che al lavoro fatto dal predecessore Brunetta “ora dobbiamo aggiungere velocità”.

Zangrillo ha tuttavia voluto riconoscere diversi meriti al suo predecessore. “C’è da salvare tutto quello che ha fatto Brunetta”, aggiunge Zangrillo: l’ex ministro, afferma, “ha avviato una profonda riforma della pubblica amministrazione che contiene tutto quello che serve per far diventare la pubblica amministrazione uno dei motori dello sviluppo del nostro Paese. Quindi – ha proseguito – modernizzazione che significa digitalizzazione della pubblica amministrazione, semplificazione, quindi la possibilità di presentarci ai nostri clienti che sono i cittadini e le imprese avendo la possibilità che ci vivano non come un intralcio ma come un’opportunità”.

“Lavorerò sull’orgoglio di appartenenza. Sono dispiaciuto quando sento parlare di fannulloni o di persone che stanno a scaldare la sedia. Ho incontrato i dirigenti, ho trovato persone appassionate e di grande professionalità”. Alla domanda su cosa ci sia da aggiungere al lavoro del ministro Brunetta Zangrillo ha risposto “la velocità e l’essere virtuosi nel far accadere le cose. Il vero riscontro si ha – ha detto – se poi i nostri utenti riconoscono il lavoro. Dobbiamo essere capaci di misurare i risultati”.

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