Al ‘Comitato 10 Febbraio’ il 13 dicembre in scena un testo teatrale che ricorda Giuseppe Lallich

Il ‘Comitato 10 Febbraio’,  unitamente alla ‘Fondazione Ugo Spirito’,  nel ‘Dessert delle Muse’ il 13 dicembre prossimo, alle ore 21,  presenta la prima del testo teatrale di Emanuele Merlino: ‘La Pittura. Il Sangue. Il Leone. Giuseppe Lallich-Dalmata dimenticato’, liberamente ispirato dal testo della scrittrice, giornalista e storico dell’arte, Carla Isabella Elena Cace, ‘Giuseppe Lallich, dalla Dalmazia alla Roma di Villa Strohl-Fern’. Ricordo che Giuseppe Lallich è  stato  un grande artista, poi dimenticato a causa dell’ormai noto ‘Esodo Ignorato’. Lallich nasce nel 1867  e nel 1887  inizia a frequentare la celebre Accademia di Belle Arti di Venezia studiando disegno e pittura.  Dopo numerosi viaggi in Italia e all’estero si trasferì a Milano e si legò alla Casa Vallardi, che affidava le illustrazioni dei suoi libri a vari artisti dell’epoca. Gli furono commissionati disegni ed acquerelli per le pubblicazioni ed, in questo periodo, eseguì cartelli murali di grande effetto pittorico. Si trasferì poi a Parigi e   nel 1900 fece ritorno a Spalato. La prima, vera affermazione,  artistica di Lallich a Spalato si ebbe con l’organizzazione di una mostra presso il foyer del nuovo Teatro Comunale, nell’aprile del 1901. Fu un’occasione unica per presentarsi al pubblico dalmata dopo il ritorno da Parigi. Gli echi della mostra,  e il  fermento della stampa,  furono clamorosi. Il fervore culturale di quegli anni portò alla costituzione del ‘Circolo dei giovani artisti di Spalato’, composto da letterati, pittori e scultori. L’avvenimento più importante che coinvolse il gruppo fu la ‘Prima mostra d’arte dalmata’  del 1908, cui parteciparono 28 artisti, tra cui Lallich. Gli anni a cavallo tra il ritorno dell’artista a Spalato e la Prima Guerra Mondiale si caratterizzano come uno dei periodi più fecondi per Lallich. I soggetti prediletti sono Spalato e Ragusa ma, soprattutto, immagini di vita reale, come mercati, caffè e piazze. Per breve tempo Lallich visse anche nel Montenegro, che divenne così un nuovo motivo prediletto dei suoi quadri. Le perturbazioni etniche della Prima Guerra Mondiale in Dalmazia, con la successiva creazione del nuovo stato jugoslavo, segnarono un passaggio fondamentale della vita dell’artista. Nel 1921 la Dalmazia passò alla Jugoslavia. L’artista voleva tornare in Italia, ma ebbe il veto di trasportare con sé i suoi quadri e disegni. Così, fingendo di emigrare in un paese della costa, Lallich dovette prima imbarcarsi su di un piroscafo locale, poi scendere a Curzola,  e da lì trasbordare su una nave italiana. Dopo anni di lotte e stenti, andò in esilio a Roma, proprio mentre stava organizzando una mostra personale a Londra. Trovò pace in uno dei famosi studi di Villa Strohl-Fern. Nel mondo bohèmien della Villa, frequentata da grandi figure artistiche e personaggi della vita culturale romana, Lallich visse i suoi ultimi anni. La prima importante mostra romana dell’artista fu organizzata proprio presso la Villa Strohl Fern e furono esposte oltre centocinquanta opere del dalmata, tra cui vedute della sua terra, paesaggi romani e nudi. L’artista si spense all’età di ottantacinque anni, il 13 febbraio 1953 a Roma. Emanuele Merlino è  un autore teatrale che si occupa di teatro storico.  Attualmente  sta girando l’Italia con uno spettacolo sulla Grande Guerra. E’ anche il regista di ‘Supermagic’,  il più grande festival europeo di magia ed illusionismo d’Europa, ed  è il vicepresidente nazionale del ‘Comitato 10 febbraio’.   Il monologo teatrale  rappresentato il 13 dicembre è  interpretato da Giorgio Granito,   attore e  direttore artistico del Centro Culturale Casale Caletto. Merlino è chiaro sulle motivazioni che hanno ispirato il testo teatrale:  ‘L’idea di ispirarmi al libro di Carla Cace nasce dalla storia del protagonista. Una vita dedicata all’arte,  e un’arte che prende spunto dalla vita. Descrivere i paesaggi e i volti della Dalmazia per Lallich non è soltanto uno sfoggio di notevoli capacità, ma  è un’affermazione di appartenenza. Lallich proprio per il suo essere italiano è costretto a lasciare la Dalmazia passata, dopo la prima guerra mondiale, al Regno di Jugoslavia. Come autore mi concentro sempre su personaggi guidati e tormentati dalle passioni. Così tormentati e appassionati da creare arte,  o momenti di assoluta bellezza. E Lallich ne è un esempio perfetto. Il libro della Cace lo mostra benissimo,  pur nel suo essere un saggio. Lo spettacolo quindi è liberamente ispirato ma segue lo stesso filone di ricerca,  per quanto la formula espressiva sia totalmente diversa: talento, passione e identità italiana’. Riportiamo un breve passaggio del testo di Merlino che perfettamente rende l’idea del contesto storico,  e dell’epoca che, ancora oggi, non può essere rimossa: ‘…e se fossi nato qua, e se sedessi fra vecchi libri e leggessi della perduta grandezza dei tempi passati, e avessi il cuore colmo delle gesta dei miei avi e poi guardassi intorno e vedessi la miseria e le rovine che mi circondano? E’ una fortuna che la gente di qui non impari a leggere e a scrivere. Così non sanno nulla del loro passato. Altrimenti, già da molto tempo la vergogna e l’ira avrebbero bandito con la frusta il loro senso di sottomissione. E se accadesse che alcuni imparino a leggere? Se un giorno apparisse loro il passato? Se paragonassero quindi ciò che furono a ciò che sono, e insorgesse in loro la domanda: e adesso? e adesso? e adesso?’. Giornalista e storica dell’arte, Carla Isabella Elena Cace è esule di terza generazione proveniente da un’antica famiglia di medici irredentisti di Sebenico. Ha scritto sul tema del Confine Orientale, ‘Giuseppe Lallich, dalla Dalmazia alla Roma di Villa Strohl-Fern’, ed altri testi collegati ad analoghe vicende,  come  ‘Foibe, martiri dimenticati’ e ‘Foibe, dalla tragedia all’esodo’, ‘Foibe ed esodo. L’Italia negata’.  I libri della  Cace sono tesi a   ricostruire i tanti buchi neri della coscienza storica e politica italiana. Buchi neri che parlano dei drammi vissuti dalle  seconde e terze generazioni degli esuli. A parlare sono le sofferenze patite dai genitori e dai nonni che sono divenute inevitabilmente messaggi subliminali che, ribaditi per generazioni, diventano un istinto che opera nell’inconscio. Parliamo, e sia ben chiaro, delle ragioni dei giuliano-dalmati che non sono state ascoltate, per motivi politici più che ideologici, dalla Dc e dal Pci. L’Italia, in poche parole, non voleva ‘guastare’ l’amicizia ed il raccordo con i popoli iugoslavi, dando corso ad una ‘congiura del silenzio’. Tant’è! La Cace ha curato, tra l’altro, le mostre:  ‘Giuseppe Lallich, tra italianità, analisi etnografica e cosmopolitismo’, presso la Corte dei Conti; ‘Giuseppe Lallich, dalla Dalmazia alla Roma di Villa Strohl-Fern’,  presso il Rifugio Antiaereo del Palazzo Uffici della Eur Spa,  sezione dedicata a Giuseppe Lallich per la tappa romana della mostra itinerante ‘Artisti dalmati italiani contemporanei’.

Roberto Cristiano

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