Al Teatro Vascello di Roma, dal 15 al 18 aprile, in scena ‘Se non sporca il mio pavimento’

Dal 15 al 18 aprile,  ore 21,  al Teatro  Vascello di Roma in scena ‘Se non sporca il mio pavimento’, un mèlo
regia Giuliano Scarpinato
drammaturgia Giuliano Scarpinato, Gioia Salvatori
con Michele Degirolamo, Francesca Turrini, Gabriele Benedetti
in video Beatrice Schiros
scene Diana Ciufo
video proiezioni Daniele Salaris, luci Danilo Facco, costumi Giovanna Stinga
una produzione Wanderlust Teatro/ CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
in collaborazione con Teatro Di Rifredi, Corsia Of – Centro di Creazione Contemporanea
Industria Scenica, ANGELO MAI Altrove Occupato
progetto vincitore “Odiolestate” – residenza produttiva Carrozzerie_n.o.t Roma
Se non sporca il mio pavimento nasce proprio dal corto circuito tra la cronaca e il mito: è il racconto di un incastro nel limbo dell’adolescenza, dove le identità si offuscano, si distorcono, tardano a sbocciare, dove l’individuo diventa trappola per topi di sé stesso e dell’altro. Modalità di racconto: corpo, parola, immagine.
Il racconto sarà affidato al corpo vivo e alla parola degli attori, ma anche ad un terzo elemento in grado di amplificare e moltiplicare, il video. È proprio l’immagine proiettata di sé una dei grandi protagonisti del caso Rosboch: basti pensare ai 13 profili facebook di Gabriele Defilippi, ora giovane macho con barbetta e rayban, ora ragazzina con i capelli ossigenati, il trucco pesante e gli abiti striminziti, ora emo malinconico e dark. Tutto è possibile sui liquidi facebook, twitter ,instagram, tutto è modificabile, anche il tempo può tornare indietro; ma il contatto reale con ciò che davvero è, esiste e respira come fatto ineludibile, può diventare un evento, una deflagrazione, qualcosa in cui si può stare scomodi, a disagio.
Si porterà sulla scena l’intermittenza tra realtà della carne e trasparenza del mondo virtuale, affiancando agli attori la proiezione video: strumento perfetto per riprodurre l’invasività di social e moltiplicatori virtuali, ma anche per tradurre in immagini le fantasie, i sogni degli “adulti a metà” protagonisti di questa storia. E ancora, per traghettare il mito ovidiano di Eco e Narciso, che sempre aleggerà su questo racconto di provincia.

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