In scena fino al 24 Marzo al teatro Vascello di Roma “La bisbetica domata”, opera di William Shakespeare, scritta presumibilmente nel 1594. Una delle prime commedie dello scrittore inglese, di certo la più controversa.
La traduzione e l’adattamento di Angela Demattè, e la regia di Andrea Chiodi trasformano l’opera, originariamente divisa in cinque atti scritti sia in versi che in prosa, in un atto unico della durata di due ore.
Il cuore della storia è invariata: Petruccio, filibustiere veronese, prende in sposa e sottomettere l’inavvicinabile Caterina di Padova, innamorato non delle sue qualità, bensì della sua dote.
Una violinista in scena introduce la narrazione che continua poi con la trovata metateatrale dello stesso Shakespeare con cui la pièce inizia e finisce. Ad un avvinazzato poveraccio, come quasi tutti gli avvinazzati anche dei nostri giorni, viene fatto credere da un gruppo di Lord in cerca di divertimento, di essere un danaroso signorotto e di essersi ripreso ora dopo anni a causa di una malattia mentale. Tutti assisteranno ad una rappresentazione di attori girovaghi dal titolo “La bisbetica domata”. Dopo questa scena l’ubriacone scompare per tornare solo alla fine e ritrovarsi lo stesso di sempre, nella medesima condizione.
Come nel Marchese del Grillo e le vicende col Carbonaro, la trama principale non è certo la burla di signorotti alle spalle di un derelitto, ma la seguente.
Battista Minola, un gentiluomo di Padova ha due figlie: la più grande, Caterina, la protagonista indiscussa, nota per la scontrosità, e la più giovane, Bianca, al contrario nota per la sua amabilità ed docilità. Bianca ha più di un pretendente, mentre Caterina non ne ha a causa del suo carattere indisciplinato. Caterina è la bisbetica, Bianca la donna angelicata. Quindi Battista decide di esiliare Bianca dalla società, facendola studiare in casa, finché Caterina non sarà sposata.
L’unione fa la forza e forza si faranno i pretendenti di Bianca per trovare un marito a Caterina. Petruccio arrivato a Padova in cerca di moglie con dote e di una collocazione sociale, è l’uomo giusto. Caterina è bisbetica, ma denarosa: Petruccio formalizza subito una richiesta di matrimonio. Nel frattempo gli altri pretendenti le provano tutte per avvicinarsi a Bianca, fino a intrufolarsi in casa come finti precettori. il matrimonio viene fissato e celebrato. Da qui in poi, si attua il disegno di Petruccio: la domatio della bestia feroce. Caterina è indotta dal marito a contenere il suo carattere, i metodi utilizzati sono privazioni e di umiliazioni che piegano a poco a poco la sua ostinatezza e la rendono sempre più accondiscendente. Al termine dell’opera vi è uno smascheramento generale: Bianca sposa il suo amato ed un altro suo pretendente, rimasto a bocca asciutta, convolerà con una ricca vedova. I tre neo mariti scommettono sulle loro mogli, credendo ognuno all’obbedienza delle proprie spose. Caterina, l’ex bisbetica oramai domata, è l’unica che supera la prova. Con un monologo spiega alle spose insolenti i loro doveri.
Il cast è composto da Tindaro Granata, Angelo Di Genio, Christian La Rosa, Igor Horvat, Rocco Schira, Massimiliano Zampetti, Walter Rizzuto, Ugo Fiore; nel solco della tradizione del teatro elisabettiano, gli attori che calcano le scene del Vascello sono appunto soltanto uomini. Le scene Matteo Patrucco sono funzionali e minimali: sfondi colorati e due grandi scale che entrano ed escono facendo sopraggiungere improvvisamente gli attori in scena. Le musiche originali sono state affidate a Zeno Gabaglio ed il disegno luci a Marco Grisa. Ha tempi serrati questa scrittura, il cast e la regia riescono a tenere questo ritmo. Tutto è perfetto, sincronico e scorrevole. I costumi sono di Ilaria Ariemme; vestono, gli uomini, delle giacche paiettate con i propri nomi scritti sulle spalle, escamotage graziosissimo per aiutare gli spettatori nella comprensione. La bisbetica è un Boy George, con un’estetica più punk ed antisociale, come il carattere.Indossa una maglia con scritto in inglese “Le ragazze supportano le ragazze ”. Caterina è punk, è femminista? Non sarebbe bisbetica, se gli uomini intorno fossero diversi? Essere bisbetica è l’unica cosa che ha potuto fare per poter essere libera? Ed ora per essere la regina della casa, vince se si sottomette?
La commedia fa ridere la sala, lasciandogli dubbi e domande. Gli attori sono bravissimi nel far sembrare ilari scene di disumanità inaudita. E che risuonano così tanto con le storie di maltrattamenti attuali che leggiamo sui giornali 500 anni dopo e passa da quando The Taming of the Shrew è stato scritto.
Barbara Lalle
Foto di scena di Masiar Pasquali