Al via la riforma della Giustizia Tributaria

Il 12 aprile 2021, dopo averlo anticipato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero della Giustizia, con un comunicato congiunto, hanno comunicato l’istituzione di una commissione interministeriale al fine di trovare delle soluzioni circa i contenziosi tributari arretrati e ridurne la durata, dichiarandosi pronti ad adottare iniziative per una riforma del settore della giustizia tributaria e precisando che le proposte che seguiranno le consultazioni della Commissione dovranno essere presentate entro il prossimo 31 giugno.

Potenzialmente un gran buona notizia, ma bisogna vedere cosa ne uscirà fuori. Di certo il fatto che il driver principale sia il Ministero dell’Economia (che è anche parte interessata in causa di controversie tributarie) e invece il Ministero della Giustizia sia “semplicemente” al seguito non è un ottimo segno, ma va anche considerato il dato positivo: finalmente sembra esserci la volontà politica di mettere mano alla questione tributaria, sempre lasciata in secondo piano e che invece incide sulle tasche dei cittadini ed ingiustamente è sempre stata considerata minore. Del resto, negli ultimi mesi, sono state presentate diverse proposte a tema fiscale alla Commissione congiunta di Camera e Senato, facendo sì che emergesse la ricorrente problematica di dover agire con urgenza sulle questioni concernenti il contenzioso tributario. Il sistema, infatti, con una cifra di circa 350mila contenziosi pendenti nelle diverse Commissioni e più di 50mila in Cassazione, risulta evidentemente congestionato.

Quali sono le criticità “storiche” che caratterizzano il processo tributario e perché non si sono mai risolte fino ad oggi?

Per rispondere a queste domande è bene partire dalle origini dell’istituzione del processo tributario che nasce come contenzioso amministrativo e viene concepito come se fosse la fase contenziosa delle attività amministrative di accertamento. Solo con la riforma del 1992 (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) vengono dissipati i dubbi circa la natura giurisdizionale delle Commissioni Tributarie e si comincia a parlare di giurisdizione tributaria. Grazie al riconoscimento della giurisdizionalità delle Commissioni è stato infatti possibile fare propri anche del Processo tributario, alcuni elementi che costituzionalmente devono essere propri di ogni tipo di processo (i così detti canoni classici del “giusto processo” previsti dall’art. 111 della Costituzione), quali ad esempio l’applicazione del principio del contraddittorio o la ripartizione dell’onere della prova tra le parti.

Rimane, però, un difetto di fondo: la giurisdizione tributaria non è esercitata da magistrati di ruolo, il processo non si svolge dunque con protagonisti che sono “professionisti della materia” (sia giudice sia parti in causa) come dovrebbe essere affinché un processo possa ritenersi davvero tale. Per adeguarlo allo standard del giusto processo s’impone di fare una scelta a garanzia dell’indipendenza e della terzietà e professionalità del giudice, prendendo delle misure atte ad assicurare l’effettiva parità delle parti nella fase del contraddittorio e tentando di eliminare, includendo solo rare eccezioni, la possibilità di ricorso in Cassazione quando c’è la doppia conforme nei gradi di merito.

Sono inoltre necessarie delle semplificazioni e delle riforme anche dal punto di vista organizzativo affinché ci si concentri maggiormente su quei giudizi che concernono questioni di entità economiche più consistenti, cercando di risolvere le controversie minori (soprattutto le così dette “bagatellari”), che, tra l’altro, sono anche la maggior parte tramite una revisione dell’istituto della mediazione. Una fase stragiudiziale di mediazione è infatti già obbligatoria per i giudizi che si attestano entro i 50 mila euro e da quando si è resa obbligatoria non solo per gli atti inerenti all’Agenzia delle Entrate, ma anche quelli di tutti gli altri enti impositori, si è riscontrato un abbattimento delle cause del 50% circa. L’istituto, dunque, va mantenuto e rafforzato, ma anche reso più trasparente garantendo una maggiore terzietà rispetto alla mediazione/reclamo, facendo intervenire organismi diversi da quelli amministrativi che hanno emesso l’atto contestato, come ad esempio potrebbero essere delle sezioni specializzate delle Camere arbitrali da istituire presso le Camere di Commercio. Si potrebbe anche prevedere un’apposita “sezione” Conciliazione/Mediazione con giudici onorari non togati che conserverebbe da un lato il ruolo attuale della giustizia tributaria non togata, ma dall’altro garantirebbe appunto un’effettiva terzietà, facendo sì, inoltre, che le decisioni assunte in questa sede siano vincolanti per le parti e impugnabili solo ed esclusivamente in casi di comprovata violazione delle garanzie del contraddittorio o delle procedure di difesa.

Alla luce di quanto detto, vorrei concludere dicendo che la revisione del processo tributario in essere dovrà superare le questioni teoriche e dottrinali per potersi aprire ad affrontare i problemi sostanziali e organizzativi del processo affinché si arrivi a una reale semplificazione e si abbiano delle norme chiare che non necessitino di chiarimenti di prassi (che ad oggi hanno assunto un ruolo maggiore della prassi stessa) e che facciano uscire il sistema tributario dallo stato di incertezza normativa alla base del ricorso. Perché questo avvenga è bene coinvolgere anche i rappresentati dei difensori tributari nelle consultazioni della Commissione. È impensabile che essi non vengano coinvolti dal momento che essi, in un certo senso, sono la parte in rappresentanza del punto di vista del contribuente che in tal modo è come se non fosse assolutamente interpellato; quando, invece, dall’altra parte, i vertici dell’Agenzia delle Entrate sono stati chiamati a partecipare alla discussione. Ecco perché il 15 aprile scorso i Presidenti degli ordini dei Commercialisti e degli Avvocati hanno richiesto di poter intervenire nei lavori portati avanti dalla Commissione affinché si dimostri di voler lavorare assieme nel miglioramento effettivo e reale di tutto ciò che concerne la giustizia tributaria. Se la volontà politica di cambiare le cose, come sembra, c’è, la si deve dimostrare.

AVV. NICOLA BRUNO

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