Sono aperti da stamane alle 8 i seggi per le primarie del Pd. I cittadini possono votare fino alle 20. Si potranno recare nelle sedi dei circoli o negli oltre 7000 gazebo allestiti in tutta Italia. L’organizzazione della kermesse elettorale Dem si avvale del supporto di oltre 35 mila volontari.
Il Pd punta ad almeno un milione di persone al voto ai gazebo nelle primarie per scegliere il nuovo leader, dopo la stagione di Renzi e la reggenza di Martina. Zingaretti, Giachetti e lo stesso Martina sono in corsa, divisi sulle alleanze a sinistra e sul rapporto col M5s. Eletto direttamente solo chi supera il 50% dei voti, altrimenti lo Statuto prevede l’elezione da parte dell’Assemblea nazionale.
A queste primarie guardano anche tutti gli altri partiti del centrosinistra perché il tema delle possibili alleanze dovrà essere affrontato sin dalle europee di fine maggio, la prima questione con cui il nuovo segretario dovrà confrontarsi, a partire dalla proposta di Carlo Calenda di un listone di tutti gli europeisti. Su cui non c’e’ una visione condivisa tra i candidati e che registra le perplessità di Zingaretti. Di buon mattino Matteo Renzi ha fatto gli “auguri” ai tre candidati: “Mi fa piacere che tutti e tre abbiano escluso accordi coi Cinque Stelle e ritorni al passato. Chiunque vinca non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito”.
Stessa promessa da Roberto Giachetti, che con Anna Ascani e la loro mozione rivendicano l’impianto riformista del Pd di Renzi e dei governi a guida Dem. “Non ho mai detto che se non vinco me ne vado”. Anzi, Giachetti ha ricordato di essere spesso “stato in minoranza nel Pd” e di aver rispettato le decisioni prese a maggioranza, compreso il suo voto contrario alla sua legge sulla depenalizzazione delle droghe, perché così aveva deciso la maggioranza: “io sono fatto di un’altra pasta”. La presenza a Milano alla grande manifestazione contro il razzismo, di Zingaretti e Martina, fa capire quale sia il tema che riguarderà il futuro segretario: l’apertura del Partito a quanto si muove nella società per costruire un nuovo centrosinistra: “Pensiamo all’Italia. Pensiamo prima di tutto al bisogno che c’è di costruire un’alternativa forte, sociale, popolare a questo governo pericoloso che ci sta facendo fare clamorosi passi indietro. Serve una nuova stagione dei democratici, serve un nuovo Pd unito, aperto, plurale. Io mi candido per questo”, sottolinea Martina. L’alleanza – seconmdo Martina -va quindi fatta non tanto con le sigle esistenti, ma con le nuove soggettività sociali. Di qui il sì convinto alla proposta di Calenda di lista unica, cercando di coinvolgere i movimenti civici più che le sigle a sinistra del Pd.
Stesso ragionamento quello di Zingaretti: “Oggi una piazza immensa e meravigliosa: solo quando metti prima le persone l’Italia è davvero più forte e più giusta. Questa è la nostra battaglia. Da qui va ricostruita la sinistra: tra le persone e non con le figurine e gli schemi dei politici”. Zingaretti ha ribadito che in caso di sua vittoria non intende “guardare indietro” per rifare i Ds, come molti della mozione Giachetti lo accusano. “Quando la polarizzazione sarà tra un campo democratico e la risorgente destra illiberale, xenofoba e razzista, tante forze moderate, sinceramente liberali e anche nobilmente conservatrici dialogheranno con un Pd aperto, unitario e capace di andarsi a riprendere il suo popolo”. Più cautela sulla lista unico di Calenda, alla luce del “no” di Verdi, Pizzarotti e +Europa, e alla luce del fatto che alcuni eurodeputati uscenti sono andati con Mdp ma sono comunque nel gruppo degli eurosocialisti.
Oggi in oltre 7mila seggi tra gazebo e circoli sparsi in tutta Italia, si deciderà il futuro del Pd.