La vicenda della cooperativa Karibu ha travolto la sinistra nostrana in un vortice di imbarazzo. Prima aveva dipinto Aboubakar Soumahoro come potenziale leader della galassia rossa, per poi scaricarlo in un silenzio assordante che la dice lunga. Il tutto con due attenuanti: l’italo-ivoriano non è coinvolto direttamente e Sinistra italiana non era a conoscenza della situazione. Ma nelle ultime ore sono spuntate testimonianze che non vanno proprio in questa direzione.
L’ultima puntata di Non è l’arena, programma in onda la domenica sera su La7, ha raccolto una serie di testimonianze di alcuni collaboratori della cooperativa. La situazione del centro è stata definita “grave” e sono state denunciate diverse criticità che non possono passare in secondo piano: “A volte non c’era l’acqua calda, i termosifoni non funzionavano, non c’era gas, non c’era corrente”.
Non solo: da una testimonianza è emerso che sarebbero emerse difficoltà anche nel cucinare a causa della carenza di cibo. “I ragazzi, i minori quando si svegliavano non c’era latte per fare colazione”, è il racconto fornito. Ecco perché il dito è stato puntato contro la comunità: “I ragazzi dovevano mangiare fuori e tornavano solo per dormire”. A svelarlo è stato un uomo che dichiara di aver lavorato con la Karibu due anni: “Senza contratto di lavoro, senza stipendio. Mi hanno pagato solo due volte in due anni”.
Una donna ha fatto sapere di aver avuto evidenti problemi nell’estate del 2018: “Fu veramente difficilissima perché lì ci furono dei ritardi veramente importanti, avevo delle difficoltà incredibili”. In tal senso ha citato la cooperativa: “Disse che la Prefettura aveva dei ritardi e che anche loro si ritrovavano in difficoltà”.
Il che però non risulta ad esempio a Federico Carnevale, sindaco di Monte San Biagio, che ha smentito ritardi nel versamento delle somme: “Assolutamente no”. Nancy Piccaro, ex sindaco di Roccagorga, è stata chiara: “Si è sentito dire che Roccagorga deve dei soldi alla Karibu. Non è assolutamente così perché il Comune non deve nulla alla Karibu”.
A questo si aggiunge la versione di un altro uomo, che ha fatto sapere di non aver ricevuto lo stipendio dal dicembre 2020 al novembre 2021. Il testimone ha tirato in ballo anche Aboubakar Soumahoro: “Lui sapeva benissimo tutto quello che stava succedendo, conosce tutta la situazione di ogni casa”. E si è lasciato andare a una risata quando ha visto l’italo-ivoriano con gli stivali davanti alla Camera: “Quello che ho fatto adesso l’ho fatto quella volta, ho riso. Si vedeva che era una pagliacciata”. L’inviato di Non è l’arena ha intercettato Soumahoro che però non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
Aboubakar Soumahoro, ogni giorno che passa ormai salta fuori qualcosa. Dalle carte dell’inchiesta della Procura di Latina sulle cooperative Karibu e Consorzio Aid di proprietà della moglie Liliane Murekatete e della suocera Maria Therese Mukamitsindo, emerge di tutto: dagli oltre 60 milioni di euro di fondi ricevuti in vent’anni, agli affitti e ai dipendenti non pagati. Gli ultimi? Quelli che, paradosso dei paradossi, lavorarono ad un progetto contro il caporalato. Ma Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana e deputato dell’Alleanza Verdi-Sinistra, che ha voluto Soumahoro in lista, dice: “Io non mi pento della scelta”.
Il progetto contro il caporalato si chiamava PerLa. La Karibu era tra le coop che dovevano sottrarre i migranti agli sfruttatori. Solo che non pagò proprio coloro che lavorarono al progetto, tanto che fu costretto a intervenire il sindacato per raggiungere un’intesa. Racconta uno di loro al Corriere della Sera: «Ho lavorato al progetto PerLa come mediatore linguistico. Era bello. Aiutava chi, come me, era arrivato in Italia cercando lavoro e trovando gente che si approfittava. Io ero già alla Karibu dal 2017. Il progetto è durato altri 4 mesi. Poi è finito. Ma i soldi non me li davano. Mi dicevano che c’erano ritardi. Che mi avrebbero pagato al più presto. Ma non è mai avvenuto: mi sono rivolto al sindacato Uiltucs e dopo mesi, nel luglio scorso, siamo arrivati a un accordo. Spero sia rispettato». Aline, invece, non cela la sua rabbia, anche perché, se i lavoratori non venivano pagati, la famiglia della moglie del deputato pare avesse aperto un resort in Ruanda: «Del resort in Ruanda venimmo a sapere nel 2018, quando si registrò un grave ritardo nei pagamenti. Avevo lavorato in varie strutture tra il 2015 e il 2021. Ma dall’inizio gli stipendi sono stati erogati irregolarmente. E quando saltavano non veniva dato neanche il pocket money ai migranti, creando spesso momenti di tensione. Alla fine noi dipendenti ci rivolgemmo ai sindacati, Anche la Karibu contattò l’Usb per tentare una mediazione. La nostra protesta venne messa subito a tacere. Ma il fatto che non pagassero i lavoratori era noto a tutti. Anche all’Usb». Un’altra persona che ha lavorato per le coop e che non è mai stato pagato, parla con l’Ansa chiedendo l’anonimato: «La famiglia al completo si è dedicata virtualmente all’aiuto delle persone ma in realtà quello che pensiamo noi lavoratori è che siamo stati presi in giro. Quando ho visto Aboubakar nei video e tutto quello che ha detto mi è venuto da ridere. Non può dire che non ha visto, non ha sentito e non era parte della situazione».
E La Stampa fa i conti, rivelando che le due cooperative “non solo non retribuivano i lavoratori né versavano i loro contributi, non solo non pagavano le tasse, ma addirittura non saldavano l’affitto delle varie case dove ospitavano i migranti adulti e quelli minorenni”. Il quotidiano parla di decine di appartamenti utilizzati da Karibu e Consorzio Aid e del fatto che molti titolari degli immobili, sia a Sezze che a Latina, non ricevessero il regolare pagamento dell’affitto. A Latina “c’è il proprietario di una casa che aspetta ancora di ricevere 30 mila euro. Anche in questo caso, come per i 26 dipendenti in attesa dello stipendio per un totale di 400 mila euro, le persone in credito con le due coop per gli affitti si sono rivolte al sindacato Uiltucs che per primo ha denunciato le anomalie di Karibu e Aid”.
Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, Fdi attacca: “Desta sconcerto e ripugnanza ciò che emerge dalle indagini sul clan Soumahoro. Un sistema di gestione dell’accoglienza che si configura, a volte, con scenari da associazione a delinquere”. Ma, ospite di Mezz’Ora in più, su Rai Tre, Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana e deputato dell’Alleanza Verdi-Sinistra, non nutre rimorsi per aver candidato l’italio-ivoriano al Parlamento: “Io non mi pento della scelta. Spero che l’evoluzione di questa vicenda porti a una soluzione e mi preoccuperò di tutelare chi su questo fronte continua a lavorare. Ma chi lo sapeva che c’era un business Soumahoro, ma io che ne sapevo? Se io ho una segnalazione, allora questo mette in discussione la candidatura di una persona che ha fatto grandi battaglie e che rafforzava il terreno del lavoro sul tema migranti e sulla questione dei ghetti su cui abbiamo sempre lavorato con rigore, coerenza e spesso in solitudine. Noi siamo un partito piccolo ma dignitoso”.
Il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, accusato dal suo stesso partito di essere stato «perfettamente a conoscenza, da molto tempo prima della candidatura» dei dubbi su Soumahoro, ma di aver mostrato «completa indifferenza alle notizie riferitegli». L’ex pentastellata Elena Fattori, da febbraio 2021 in Si, torna all’attacco in un’intervista al Corriere. Accusando la leadership del suo partito per aver «scelto un personaggio senza andare a vedere cosa realmente proponesse al di là di tutte le sue comparsate mediatiche». E chiarendo: «Di quelle storie si sapeva tutto. La dirigenza di Si sapeva, li avevo avvisati io». Fattori aveva visitato la Karibu anni fa: «Non sapevo nemmeno che fosse gestita dalla suocera di Soumahoro, me lo ha detto lei quando mi ha accompagnato nella visita». La struttura era «sporca, fatiscente, c’era la muffa, mi dissero che la caldaia funzionava male», aggiunge Fattori, che per questo la segnalò all’ex sottosegretario all’Interno, Gaetti. Quest’estate, Fattori si ricordò di quella visita mentre si lavorava alle candidature. Disse tutto a Fratoianni, ma il segretario, spiega l’ex deputata, «non ha pensato che fosse un fatto rilevante. D’altronde Soumahoro aveva un grande peso mediatico».