Si apre oggi con la messa celebrata da Papa Francesco nella Basilica Vaticana, la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al tema ‘La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo’. Per tre settimane i padri sinodali, che saranno affiancati da esperti, uditori e delegati fraterni in rappresentanza di altre Chiese e comunità ecclesiali si confronteranno sulle sfide pastorali poste oggi all’istituzione familiare, riprendendo e completando la riflessione iniziata con l’assemblea straordinaria dell’ottobre 2014. In preparazione all’assise, ieri, in piazza San Pietro le famiglie italiane si sono ritrovate per una veglia di preghiera intitolata ‘Le famiglie illuminano il Sinodo’ presieduta da Papa Francesco. Comunione ai divorziati risposati, accoglienza degli omosessuali e convivenze sono i temi che, a distanza di un anno dall’assemblea straordinaria, ha fatto il punto sullo stato della famiglia nel secondo millennio. Il Sinodo dei vescovi torna a riunirsi in forma ordinaria per discutere e votare le linee operative della pastorale familiare, a partire da oggi e fino al 25 ottobre. Istituito da papa Paolo VI nel 1965, con il duplice obiettivo di rafforzare la collegialità episcopale e tener vivo lo spirito riformatore del Concilio ecumenico Vaticano II, il Sinodo è un’assise di vescovi provenienti da diversi paesi, convocata e presieduta dal Pontefice per affrontare un tema specifico. Ha natura consultiva, salvo che il Papa non le affidi un mandato deliberativo. Di norma comunque è lo stesso vescovo di Roma, a sinodo concluso, a tirare le fila del confronto in un documento chiamato esortazione apostolica. Il Sinodo si riunisce in tre forme: straordinaria, ordinaria e speciale. Nel primo caso, la composizione dell’assemblea è sostanzialmente ristretta ai presidenti degli episcopati nazionali e ai vertici della Curia romana che dibattono su una questione considerata urgente; nel secondo la rappresentanza dei singoli paesi è molto più ampia, mentre la terza ipotesi investe solo i prelati di una specifica area geografica. Solitamente il Sinodo viene convocato ogni tre anni in forma ordinaria e tredici sono le assise celebrate finora. Per Papa Francesco l’accesso alla comunione non è l’unica soluzione per i divorziati risposati, di sicuro però è l’argomento simbolo e più dibattuto alla vigilia anche di questo secondo sinodo sulla famiglia. Al Sinodo ci sarà spazio anche per una riflessione sulle convivenze, di cui il documento preparatorio non esita ad evidenziare gli aspetti positivi, e sulla contraccezione. La Chiesa è protesa a coniugare la coscienza degli sposi con la norma oggettiva sul no alla pillola. Stesso destino per un altro argomento spinoso come quello dell’accoglienza di gay e lesbiche. La battaglia teologica sarà fra i sostenitori dell’ortodossia, fedeli a una verità senza compromessi, e chi, in linea con la Chiesa-ospedale da campo di Francesco, punta sulla medicina della misericordia. Il Papa, vedesi l’abbraccio alla funzionaria anti nozze gay, ha scelto personalmente 45 membri del Sinodo, per lo più sensibili al cambiamento. Un segnale ulteriore di come la pensa in tema di pastorale familiare. Un autentico terremoto in Vaticano è stato invece scatenato ieri sul problema gay da Monsignor Charamsa, teologo polacco e docente in diverse università pontificie, per 17 anni al Sant’Uffizio, che sfida alla vigilia del Sinodo la ‘dottrina’ annunciando pubblicamente di essere omosessuale, presentando il suo compagno spagnolo e chiedendo ‘una famiglia anche per l’amore gay’. Una pura e assoluta eresia, una terribile bestemmia. Voglio essere, in merito, fortemente comprensibile perché si è sempre parlato di ‘uomo e donna’, a partire da Adamo e Eva. Un terzo sesso non è previsto e non può esistere, anche nel suo manifestarsi. Un punto è parlare di essere accoglienti e misericordiosi verso i gay per ricondurli, fin dove è possibile, in una logica accettabile. Altro è essere provocatorio fino al punto di richiedere che sia normale ciò che non lo è e, dal punto di vista di chi scrive, mai lo sarà. Per essere comprensibile, e non scivolare in avvitamenti di pensiero che aprirebbero a scenari ‘invisibili’, mi viene da pensare a padre Amorth che fornisce una chiarissima chiave di lettura per queste eventualità. Ritornando a Charasma la replica della Santa Sede è stata chiarissima: ‘Gesto irresponsabile, dovrà lasciare tutti gli incarichi e non insegnerà più’. Charasma dichiara: ‘I preti omosessuali sono tanti. Mi identifico nella Chiesa ma rifiuto e denuncio il clima esasperato di paranoica omofobia dei nostri ambienti. Non possiamo più odiare le minoranze sessuali perché così facendo odiamo gran parte dell’umanità. Io ho vissuto sulla mia pelle questo esasperato paranoico odio verso i miei fratelli. Voglio dire alla mia Chiesa: ‘Apri gli occhi’. Mi fermo qui, sottolineando le parole del monsignore: ‘Voglio dire…alla mia Chiesa…’. Voglio dire a monsignor Charasma che ‘La sua Chiesa’ è una Chiesa, purtroppo, deviata. Una risposta immediata il monsignore la ha ricevuta da Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center: ‘Saremmo lieti se il monsignor Krzysztof Charamsa, che si è dichiarato gay, volesse essere uno dei testimonial contro l’omofobia. Crediamo che da questo pontificato ci sia una apertura al dialogo e questo sarebbe un passo importante nel raccontare quelle storie personali che possono abbattere il muro delle discriminazioni. Sono sempre più i parroci e le suore che ci danno solidarietà e sostegno ai ragazzi e ragazze vittime di discriminazione in quanto lesbiche e gay, e che li aiutano ad avere una vita di coppia serena come avviene per i loro coetanei eterosessuali’. Chiudo con la considerazione che si è partiti dal sacro per finire al profano…
Roberto Cristiano