Allarme Italia, a rischio di una svendita dei suoi titoli di Stato. Crosetto: ‘L’ultima mossa della Bce sui titoli di Stato ci danneggia’

In un momento già particolarmente teso per il Belpaese, un’altra tegola sulle nostre teste arriva dalla Gran Bretagna. Non bastava l’amara consapevolezza “italica” di una crisi energetica senza precedenti, uno stress economico dagli effetti a lungo termine incalcolabili, e un’inflazione alle stelle con rincari generalizzati e insostenibili per la maggior parte delle famiglie italiane: dopo il rincaro del 13,7% di novembre, dal 1° dicembre le bollette del gas sono salite del 23,3% nel mercato tutelato., tanto che l’Unione nazionale consumatori ha parlato di “bollette da infarto” e di una vera “Caporetto”.

A questo quadro già estremamente precario si aggiunge ora l’allarme lanciato dal Financial Times. Nove economisti su 10 in un sondaggio interno al giornale hanno identificato l’Italia come il Paese della zona euro “più a rischio di una svendita nei suoi mercati dei titoli di Stato”.

Le banche centrali di tutto il mondo hanno aumentato drasticamente i tassi per affrontare l’inflazione, salita ai massimi a causa dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari che sono aumentati vertiginosamente dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la fine delle restrizioni Covid, che hanno a loro volta spinto verso l’alto la domanda di beni e servizi.

La BCE è stata più lenta di molte banche centrali occidentali ad alzare i tassi, ma poi dalla scorsa estate ha premuto vigorosamente il piede sull’acceleratore, portando il tasso sui depositi da meno 0,5% al ​​2% in 6 mesi.

L’Italia – scrive l’FT – è il Paese della zona euro più esposta a una crisi del debito, visto che la Banca centrale europea ha aumentato i tassi di interesse e acquistato meno obbligazioni nei prossimi mesi.

Gli oneri finanziari per l’Italia sono già aumentati notevolmente da quando la BCE ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse la scorsa estate. Il rendimento dei titoli a 10 anni è salito sopra il 4,6% la scorsa settimana, quasi quadruplicando il livello di un anno fa, e andando 2,1 punti percentuali sopra il rendimento equivalente dei titoli tedeschi.

Secondo il Financial Times, la BCE dovrebbe iniziare a ridurre il suo portafoglio obbligazionario da 5 miliardi di euro, di 15 miliardi di euro al mese a partire da marzo, sostituendo solo parzialmente i titoli in scadenza, esercitando un’ulteriore pressione al rialzo sui costi di indebitamento italiani.

Meloni ha attaccato duramente la BCE per la scelta di continuare ad alzare i tassi nonostante i rischi per la crescita e la stabilità finanziaria. “Sarebbe utile se la BCE gestisse bene la sua comunicazione , altrimenti rischia di non generare panico ma fluttuazioni sul mercato che vanificano gli sforzi che i governi stanno compiendo”, ha affermato nella conferenza stampa di fine anno.

Nelle scorse settimane ben tre ministri hanno preso posizione esplicita contro la politica messa in campo da Christine Lagarde. Il ministro degli Esteri e vice primo ministro italiano Antonio Tajani ha affermato che è “giusto” criticare le sue mosse perché danneggiano la crescita economica, con ricadute sui mercati e sulle famiglie. “Sono sempre stato molto scettico sulla decisione di alzare i tassi in Europa”, ha detto Tajani in un’intervista alla RAI, sostenendo che l’inflazione in Europa è in gran parte dovuta a un fattore esterno: la guerra in Ucraina.

Le osservazioni di Tajani hanno fatto seguito a quelle del ministro della Difesa Guido Crosetto e del ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini. “Non capisco il regalo di Natale della BCE che la presidente Christine Lagarde ha deciso di fare all’Italia, ha scritto Crosetto su Twitter, accanto a un grafico che mostra un aumento del differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e tedeschi. Salvini invece ha definito il comportamento della Bce “incredibile, sconcertante e preoccupante”.

Il governo sta cercando di tenere i conti in ordine, risistemati dopo anni da Draghi, prevedendo che il rapporto deficit-Pil scenda dal 5,6% nel 2022 al 4,5% nel 2023 e al 3% nel 2024. Ma il problema è che il nostro debito pubblico resta uno dei più alti d’Europa, che sfiora il 14% del Pil. Proprio le esigenze di rifinanziamento del debito italiano e la situazione politica non certo rosea hanno reso il nostro Paese più vulnerabile a una svendita sui mercati obbligazionari.

In un’intervista al Sole 24 Ore, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha detto che i prezzi dell’energia in Europa sono scesi perché “chi specula sospetta l’imminenza della possibilità di un armistizio tra Russia e Ucraina”. In un contesto del genere, prosegue, “la Bce dovrebbe rivedere l’intenzione dichiarata di procedere con un nuovo aumento dei tassi già a inizio anno”: con la discesa del prezzo del gas si contrarrà infatti “il fattore più decisivo dell’inflazione e quindi bisognerà essere più prudenti nell’aumentare i tassi” dice.

La situazione per l’Italia potrebbe pure peggiorare quando la crescita rallenterà, i tassi di interesse aumenteranno ulteriormente e le emissioni di debito riprenderanno.

La Direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva ha dichiarato che metà dell’Unione europea sarà colpita dalla recessione quest’anno.

Quattro quinti dei 37 economisti intervistati dall’FT a dicembre prevedono che la BCE smetterà di alzare i tassi nei primi sei mesi del 2023 e due terzi hanno previsto che inizierà a tagliarli nel 2024 in risposta a una crescita più debole. In media hanno previsto che il tasso sui depositi della BCE raggiungerà un picco di poco inferiore al 3%, al di sotto del livello su cui gli investitori stanno scommettendo, come indicato dal prezzo degli swap sui tassi di interesse.

La BCE dal canto suo ha già fatto sapere che continuerà ad alzare i tassi con incrementi di mezzo punto percentuale nei prossimi mesi.  Ma – scrive ancora il Financial Times – gli analisti ritengono che la BCE stia sopravvalutando i rischi per l’inflazione e sottovalutando la prospettiva di una recessione. Il che potrebbe rimescolare le carte in tavola.

Intanto, dopo gli attacchi tutt’altro che soft, la Banca centrale europea ha presentato un nuovo schema di acquisto di obbligazioni, progettato per affrontare un aumento ingiustificato dei costi di indebitamento di un Paese. Tuttavia, più di due terzi degli economisti intervistati dal Financial Times sono convinti che che non lo utilizzerà mai.

Incomprensibile e dannosa la scelta della Bce di modificare la politica sugli acquisti dei titoli di Stato europei. “Le  condizioni economiche del Paese rischiano di peggiorare se verranno a mancare le “tutele esterne” che hanno aiutato negli ultimi anni. È il parere del ministro della Difesa Guido Crosetto che su Repubblica critica l’allarme lanciato dal Financial Times. La politica restrittiva della Banca centrale europea rischia di danneggiare soprattutto l’Italia, “che è l’anello debole dell’eurozona”.

“In passato – lamenta Crosetto – con il  famoso ‘whatever it takes’ di Draghi le condizioni esterne (tassi, inflazione) sono state fantastiche. Ora il cambio repentino di politiche della Banca centrale rischia di avere un effetto particolarmente negativo su di noi”. La manovra lo dimostra: oltre venti miliardi in più rispetto allo scorso anno per pagare gli interessi sul debito pubblico. Senza inflazione e tassi si sarebbero fatti maggiori investimenti nell’economia. Il giudizio è netto.

“No sta a me giudicare – dice il ministro della Difesa, imprenditore e cofondatore di FdI – ma non serve un premio Nobel. Basta il buon senso di una massaia per capire che alcune decisioni provocano effetti negativi. Quando Draghi lanciò il whatever it takes, la situazione economica e sociale era enormemente migliore di oggi. A maggior ragione ora  non c’è alcuna ragione per una stretta”. Il rialzo dei tassi può essere anche una scelta comprensibile. Ma non intervenire più come prima sulle emissioni di debito pubblico è una cosa più difficile da comprendere e giustificare.

Il nodo è strutturale. L’Europa deve porsi il tema di come coniugare le rilevanti decisioni politiche, assunte in modo indipendente dalla Bce e dall’Eba, con quelle che prendono la Commissione europea e i governi nazionali. “Abbiamo lasciato a organismi indipendenti e che rispondono solo a sé stessi – denuncia Crosetto –  la possibilità di incidere sulla vita dei cittadini e sull’economia, in modo superiore alla Commissione europea e soprattutto ai governi nazionali”.

“Il governo ha fatto una manovra con un messaggio chiaro per i mercati e per l’Europa. Serietà, nessuna demagogia. Prenderemo atto di quello che accadrà: Nella consapevolezza che non abbiamo la stessa possibilità di indebitamento che hanno avuto Draghi o Conte. Né i tassi bassi che ha avuto Renzi. Dobbiamo ricostruire il Paese, intervenendo anche sulle situazioni di debolezza per non farle tradurre in drammi familiari”.

Purtroppo anche l’effetto Covid che arriva dalla Cina provocherà nuovi blocchi nelle catene di fornitura. “Una diminuzione dell’offerta, a parità di domanda, farà aumentare i prezzi. E quindi probabilmente nelle prossime settimane assisteremo a un ulteriore aumento dell’inflazione”. Non è stato un azzardo azzerare lo sconto sui carburanti? “È stata una necessità. Il governo non avrebbe voluto certamente aumentare il costo della benzina, ma le risorse a disposizione sono poche”.

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