ALL’OPERA DI ROMA SI CONCLUDE CON JENŮFA IL TRITTICO DEDICATO A LEOŠ JANÁČEK

Al Teatro dell’Opera di Roma si torna a rappresentare Leoš Janáček, compositore ceco, o meglio moravo di Brno tra i più grandi musicisti del Novecento, con Jenůfa si completa la rappresentazione di un trittico di sue opere, iniziato con Kát’a Kabanová del 1921, proseguito nella scorsa stagione con Da una casa di morti, sua ultima composizione portata a termine del 1928.

Jenůfa è il punto di svolta della sua carriera, l’opera che lo consacra al grande pubblico, che gli permette di diventare un compositore riconosciuto a livello europeo, dopo circa quarant’anni di attività musicale. La partitura è potente e dirompente.

Il musicologo Giovanni Bietti nella lezione di opera che ha preceduto come di consueto la messa in scena descrive il linguaggio musicale del compositore moravo come incredibilmente innovativo, un assoluto ed originale sperimentatore. Un linguaggio originalissimo dal punto di vista dell’armonia e della melodia che in parte sono ricavate dal suono della lingua ceca, nell’orchestrazione inventa continuamente timbri, impasti e combinazioni insoliti degli strumenti, riuscendo ad evocare i sentimenti che attraversano i personaggi.

Il regista tedesco Claus Guth molto presente nel festival di Salisburgo, debutta a Roma con questo spettacolo che nel 2021 alla Royal Opera House è stato premiato come miglior produzione operistica agli Olivier Awards. Per Guth l’enorme invenzione di Janáček è quella di aver trovato un linguaggio dell’anima. “L’opera mostra come l’enorme pressione sociale del conformismo porti alla completa caduta di qualcuno che si pone fuori dalle norme.” È così che il remoto villaggio della Moravia viene rappresentato come una sorta di hortus conclusus di matrice basso medievale, in questo caso non un giardino monacale ma un ambiente privato e rurale, la rappresentazione di una comunità chiusa e racchiusa, complice di questa percezione forse la scelta dell’essenzialità, l’assenza di decorazioni, le linee pulite e la ripetitività degli elementi. In questa clausura fisica si vivono emozioni contrastanti e fortissime arrivando alla tragedia efferata dell’infanticidio che si consuma nel secondo atto.

La direzione del Maestro Juraj Valčuha è apprezzatissima, molto sapiente e approfondita, non lascia nulla al caso, convince la forza della sua espressività. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma brilla e risplende alla sua guida. Lo stesso Valčuha nell’intervista rilasciata a Stefano Valanzuolo nel ricco programma di sala parla di come sia essenziale e necessario il lavoro di interpretazione: “Janáček cambia molto spesso il modo di scrivere una stessa battuta con l’intento di descrivere situazioni diverse. Il suono che giunge all’orecchio, in apparenza, non cambia, ma il peso espressivo conferito alla parola scenica si trasforma completamente.”

La sera del 9 maggio, per l’ultima recita in cartellone, nel ruolo eponimo Cornelia Beskow, soprano svedese con doti vocali di grande versatilità, mostra un timbro pieno e sicuro che mantiene bellezza in ogni registro, lungamente e meritatamente apprezzata dal pubblico del Costanzi.

La matrigna Kostelnička di Karita Mattila è restituita nel pieno della sua drammaticità, intensissimi i momenti in cui i sensi di colpa la torturano nel terzo atto. Charles Workman, tenore di lunga carriera interpreta con sapienza sia scenica che vocale il ruolo di Laca. Buono il resto del cast con Manuela Custer nei panni della vecchia Buryjovka, Robert Watson in quelli di Števa e ancora il Capomastro di David Stout, Lukáš Zeman e Anna Viktorova rispettivamente il Sindaco con sua moglie e la Karolka di Sofia Koberidze. Efficaci gli interventi delle tre voci provenienti dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma: Ekaterine Buachidze (la Pastora), Valentina Gargano (Barena), Mariam Suleiman (Jana). Di grande presenza e precisione, come ogni volta, il Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto dal Maestro Ciro Visco.

Milan Kundera, grande estimatore di Janáček, sosteneva che fosse il creatore dell’estetica operistica più importante dell’epoca dell’arte moderna, aprendo, insieme a Wozzek e Poulenc, il mondo della prosa all’opera lirica. Una prosa antitetica al mito, rappresentazione della realtà, del quotidiano e del concreto, in grado di essere percepita con immediatezza. In effetti Jenůfa è un’opera tremendamente vera, arriva in maniera diretta e rimane addosso con tutte le sue amarezze.

 

JENŮFA

Musica di Leoš Janáček

Opera in tre atti su libretto del compositore tratto dal dramma Její pastorkyňa di Gabriela Preissová

Prima rappresentazione assoluta Teatro Nazionale, Brno, 21 gennaio 1904

Prima rappresentazione al Teatro Costanzi 17 aprile 1952

Progetto triennale in collaborazione con Royal Opera House di Londra

DIRETTORE Juraj Valčuha | REGIA Claus Guth | MAESTRO DEL CORO Ciro Visco | SCENE Michael Levine | COSTUMI Gesine Völlm | LUCI James Farncombe | VIDEO rocafilm/Roland Horvath | COREOGRAFIA Teresa Rotemberg

PERSONAGGI E INTERPRETI: LA VECCHIA BURYJOVKA Manuela Custer | LACA KLEMEŇ Charles Workman | ŠTEVA BURYJA Robert Watson | LA SAGRESTANA BURYJOVKA (Kostelnička) Karita Mattila | JENŮFA Cornelia Beskow | IL CAPOMASTRO DEL MULINO David Stout | IL SINDACO Lukáš Zeman | SUA MOGLIE Anna Viktorova | KAROLKA Sofia Koberidze | LA PASTORA Ekaterine Buachidze* | BARENA Valentina Gargano* | JANA Mariam Suleiman*

*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma

Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

In coproduzione con Royal Opera House Covent Garden, Londra

Ph.@fabriziosansoni

Teatro dell’Opera di Roma, Piazza Beniamino Gigli, 1 – 00184 Roma Tel. 064817003 ufficio.biglietteria@operaroma.it; www.operaroma.it.

Loredana Margheriti

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