Almalaurea: sempre meno gli italiani laureati

Sempre meno i laureati in Italia. Nel nostro Paese, che ormai è lontanissimo dagli obiettivi europei che vogliono per il 2020 laureato il 40% della popolazione di età 30-34 anni – si riscontra una minore attrazione dei giovani verso lo studio universitario: i 19enni che si iscrivono all’università rappresentano solo il 29% dei coetanei, confermando il ridotto interesse per gli studi universitari di questa fascia di popolazione giovanile. È quanto emerge dal XIV Profilo dei laureati italiani di AlmaLaurea, presentato oggi a Roma. Il XIV Profilo ha coinvolto 215.525 usciti dalle università nel 2011 (121.065 con laurea di primo livello, 62.482 con laurea specialistica/magistrale e 19.367 con laurea a ciclo unico) in uno dei 61 Atenei aderenti da almeno un anno ad AlmaLaurea. Secondo i dati elaborati da AlmaLaurea tra il 2010 e il 2011 sembra crescere il numero delle lauree (da 172mila a 289mila), ma a lievitare in realtà più che i laureati sono stati i titoli universitari: si tratta di un aumento del 68%, in larga parte dovuto alla duplicazione dei titoli (laurea di primo livello seguita da laurea specialistica). Ciò non ha però corrisposto a un eccesso di laureati in Italia, anzi. Nel confronto con i Paesi europei si tratta di recuperare un deficit: attualmente circa il 20% della popolazione di età 30-34 anni è in possesso di laurea contro un obiettivo europeo del 40% per il 2020, traguardo evidentemente non raggiungibile. Anche nella classe di età 25-34 siamo al 20% di laureati in Italia contro il 37% nel complesso dei Paesi Ocse, cioè delle realtà economicamente più avanzate a livello internazionale.

L’Italia, dice il rapporto, si trova dunque in una situazione di svantaggio e ciononostante si registra una battuta d’arresto rispetto al processo di universitarizzazione, con una minore attrazione dei giovani verso lo studio universitario. I 19enni che si iscrivono all’università rappresentano solo il 29% dei coetanei, confermando il ridotto interesse per gli studi universitari di questa fascia di popolazione giovanile. Negli ultimi otto anni le immatricolazioni si sono ridotte del 15% per effetto combinato del calo demografico (nel periodo 1984-2009 ha visto contrarsi di quasi 370mila unità la popolazione diciannovenne), della diminuzione degli immatricolati in età più adulta e del deterioramento della condizione occupazionale dei laureati. Fattori ai quali si è aggiunta la crescente difficoltà di tante famiglie a sostenere i costi diretti ed indiretti dell’istruzione universitaria e una politica del diritto allo studio ancora carente. Le buone notizie sono che rispetto all’università pre riforma si è incrementata la quota di giovani che terminano gli studi nei tempi previsti; è aumentata la frequenza alle lezioni; si è estesa l’esperienza di stage e tirocini svolti durante gli studi, così come le opportunità di studio all’estero (quest’ultima limitatamente ai percorsi di 2° livello). Secondo Almalaurea quindi “la riforma non è stata un fallimento”. Dal rapporto emerge anche che tra i 121mila laureati di primo livello del 2011 complessivamente i lavoratori-studenti sono l’8,4% fra i laureati triennali; si conferma su valori elevati (molto più di quanto registrato fra i laureati pre-riforma) la frequenza alle lezioni; gli studi all’estero con i programmi Erasmus dopo una prima contrazione negli anni successivi all’avvio della riforma hanno ripreso quota; la soddisfazione per l’esperienza universitaria, seppure condizionata da aspettative differenti, risulta sostanzialmente consolidata nel tempo e se potessero tornare indietro 66 laureati su cento sarebbero disposti a ripetere l’esperienza di studio appena compiuta.

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