Al Nazareno si coglie l’ansia per un governo nato sulla spinta dell’Europa che, per assurdo, potrebbe naufragare contro il muro dell’Europa, sul dossier del Mes (meccanismo europeo di stabilità). Tutti vogliono credere che la mediazione di Conte andrà a buon fine e si spera di trovare una quadra al vertice di stasera a Palazzo Chigi.
Il Pd, dal canto suo, perde la pazienza con Luigi Di Maio sulla riforma del Mes, con il ministro Dario Franceschini e Graziano Delrio che cercano di fermare le richieste di modifiche al Trattato avanzate dai pentastellati.
Di Maio ribadisce di non volersi piegare “a qualche euro burocrate piuttosto che tutelare gli interessi degli italiani”.
L’Unione Bancaria mi preoccupa ancor più del Mes, afferma Di Maio, chiedendo di attendere le conclusioni sulle trattative in sede europea su tutto il “pacchetto” prima di pronunciarsi. Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese – ha detto Franceschini – l’andamento dello spread e dei mercati. Non si può giocare con il fuoco. Prendo per buone le parole di Di Maio di questa mattina e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti.
Concetti ripetuti nel pomeriggio da Delrio: “Siccome nella riforma del Mes non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità, è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità. Io mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese”.
E assertivo è stato anche il premier Conte: “lunedì passerò in Parlamento e metteremo tutti i tasselli al loro posto e inizieremo a spazzare via tutte le fesserie che sono state dette. Sono molto paziente ma il momento in cui dovremo spazzare via le chiacchiere, sarà lunedì”.
Ma Di Maio non ha intenzione di passare per lo scolaretto che viene messo in riga e in una nota i 5 stelle ribattono: “se qualcuno vuole alzare i toni e metterla sul tema della credibilità, a noi sembra che la credibilità come Stato in tutti questi anni l’abbiamo persa proprio quando si firmava qualsiasi cosa per compiacere sempre qualche euro-burocrate, piuttosto che tutelare gli interessi dell’Italia e degli italiani. Bene, quell’epoca è finita”.
L’onda d’urto del terremoto esploso sul Fondo salva-Stati arriva infatti a scuotere anche Palazzo Berlaymont a Bruxelles, dove cresce il timore sulle prossime mosse dell’Italia. E non è un caso se il Pd, il partito che esprime il presidente dell’europarlamento, David Sassoli, e il commissario agli affari Economici Paolo Gentiloni, faccia sentire la propria voce. Perché se fosse proprio l’Italia a sabotare un negoziato dato per chiuso sarebbe un problema difficilmente gestibile. «Siccome non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità nazionale, è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità», avverte Delrio.
A sparare in modo più diretto su Conte è Salvini. «Se hai firmato a nome degli italiani qualcosa che non avevi il permesso di firmare, dimettiti e chiedi scusa», tuona il capo della Lega. «Questo trattato ruba ai poveri per dare ai ricchi». Domani il match al Senato garantisce scintille.
Arianna Manzi