L’integrazione europea non ha ancora realizzato e forse non realizzerà in un futuro prossimo tale superamento.
Non sono solo il governo del Regno Unito e la regina a tirare un sospiro di sollievo, per il risultato del referendum scozzese. Il sentimento di sollievo è diffuso in tutta Europa. Ad iniziare dalla Spagna, alle prese con il movimento per l’indipendentismo catalano, a tanti altri paesi del vecchio continente, compresa l’Italia dove le spinte secessioniste di alcune regioni si fanno sempre più insistenti (Sardegna- Veneto -Alto Adige), al di là degli stereotipi proclami leghisti che ormai non fanno più notizia. Il risultato del referendum scozzese ci ha mostrato che il concetto di ‘Stato Nazione’, su cui si è basata la formazione degli stati in Europa, nel corso dei secoli, (nel quale esiste un gruppo etno-nazionale dominante) resiste ancora ed è considerato in Europa ancora il rifugio più sicuro e protetto, rispetto a piccole realtà statuali che diventano inesorabilmente dei vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro. Ma ci ha mostrato altresì che laddove la memoria storica resiste, il ricordo del sangue versato dalle piccole identità locali, piccole patrie, in difesa della propria appartenenza etnica, aumenta sempre di più il sentimento indipendentista, accompagnato da una forza politica in continua crescita. Per cui gli stati più grandi e più forti non possono non tener conto di queste realtà, concedendo loro più potere e più risorse, così come accadrà per Londra nei confronti degli scozzesi. Non si può certo tacere sull’imbarazzo e nel contempo timore dell’Europa, rispetto al referendum scozzese. Ed è facilmente intuibile. L’UE è un’organizzazione di stati nazionali costruita a misura sugli stati stessi, per cui se una parte di essi si disgrega, l’Unione ne soffrirebbe non poco. Altro che superamento dello Stato quale meta finale! E presumibilmente l’integrazione europea non implicherà in un futuro prossimo tale superamento. L’europeismo dei vent’otto paesi ha motivazioni diverse, dettate dalle condizioni geopolitiche dei singoli paesi. All’UE non resta altro che tener in debito conto queste diversità e se vuole realizzare fino in fondo l’integrazione deve restituire la perduta flessibilità alle istituzioni dei singoli stati. In poche parole c’è bisogno sia del vecchio che del nuovo e soprattutto di un’UE che sappia individuare con diligenza ed onestà intellettuale, certe problematiche comuni, sia sul fronte dell’economia che su quello della sicurezza. Solo così si potrà placare quel sentimento antieuropeista ed a tratti “incendiario” che si sta diffondendo e radicalizzando nel vecchio continente e che alimenta spinte secessioniste e pseudo-indipendendiste anche laddove non ne esistano i presupposti socio-culurali ed etnici.