Starbucks chiude i battenti a Milano, ma il colosso del caffè americano non batte in ritirata: sono attese grandi novità e ancora più posti di lavoro nella Penisola
Cade il mito del caffè americano. O almeno quello della modalità di consumare il frappuccino come nelle serie tv, seduti al tavolo e impegnati a scrivere sul proprio laptop. La catena Starbucks, salutata con entusiasmo dai giovani e i giovanissimi in Italia, nonostante le riserve degli amanti del tradizionale espresso, è in crisi nel nostro Paese. Il colosso mondiale del caffè americano ha già chiuso due punti vendita a Milano, per quella che inizialmente è sembrata una ritirata dalla Penisola. E che invece si configura più come un cambio di format.
Perché Starbuck ha chiuso alcune caffetterie a Milano
Alla base delle chiusure dei due punti vendita di via Turati e di Porta Romana ci sarebbe un inflessione del fatturato del 50% a causa della pandemia. Da una parte, infatti, lo smart working e le limitazioni ai movimenti, con la città e l’intera Lombardia che hanno subito vari cambi di colore, hanno portato a un drastico calo delle vendite tra i milanesi.
Dall’altra parte invece ha pesantemente influito la minore affluenza turistica nel nostro territorio, considerando la notorietà di Starbucks tra gli stranieri. Il marchio è infatti sinonimo di qualità nel resto del mondo, dove invece non ha mai avuto particolare fortuna l’espresso “al volo”.
Starbucks in crisi in Italia? Cambiano i negozi e i menù
Qual è dunque il piano del colosso del frappuccino? Starbucks non ha intenzione di lasciare Milano, né l’Italia, ma di adeguarsi ai cambiamenti del mercato. Nella Milano sempre meno cosmopolita, è necessario infatti ripensare al format. E cercare di attirare gli italiani con modalità di consumo più adatte al nostrano rito del caffè.
A tre anni dallo sbarco in Italia, con il primo store a Milano, già molto diverso dalle controparti estere e con un’attenzione particolare riservata al made in Italy, l’azienda sta pensando a tre nuove tipologie di punto vendita. Gli store classici potrebbero lasciare il posto al drive through, allo short store e al kiosk.
Dunque al caffè da asporto, da prendere direttamente a bordo della propria auto, e al rito del bancone, affacciato sulle piazze dei centri commerciali o situato nei chioschi delle stazioni. Tutti pensati per un tipo di clientela che non ama perdere tempo, e che è abituata all’espresso veloce, o alla bibita da sorseggiare passeggiando per scaldarsi nelle giornate fredde e trovare ristoro in quelle più afose.
Il gruppo di Seattle, proprietario di 14 store che si trovano principalmente nel Nord Italia, non ha dunque intenzione di lasciare il nostro Paese. La sirena che trionfa sul caratteristico logo verde e bianco ha solo deciso di evolversi. E dovrebbe raggiungere presto nuove destinazioni.
Starbucks ha infatti in progetto di arrivare alla bellezza di 40 negozi, anche al Centro, creando almeno 300 nuovi posti di lavoro. In tutto il mondo, tra Stati Uniti, Europa e Cina, nonostante il drammatico calo di fatturato nel 2020, il gruppo dovrebbe aprire nel prossimo periodo ben 2 mila negozi. Forte anche della ripresa del 2021, con un bilancio aumentato quasi di un quarto rispetto all’anno precedente. E che con l’alleggerimento delle misure anti Covid crescerà ulteriormente nel 2022.
L’apertura di Starbucks in Italia aveva scatenato le proteste del Codacons a causa degli alti prezzi del caffè, come spiegato qui. Cifre che ora sembrano nella norma a causa del caro caffè, con prezzi record nei bar di tutta Italia.