Amministrative e la partita dei ballottaggi: il governo pensa di eliminarli

“Auguri ad Adriana Poli Bortone che torna a guidare la città di Lecce, che ha amministrato così bene nel passato. Auguri alla nuova sindaca di Rovigo, Valeria Cittadin, e al nuovo sindaco di Caltanissetta, Walter Tesauro, sostenuti da Forza Italia e delle coalizioni di centrodestra, in un turno elettorale che presenta risultati diversi sui territori. Ma che vede le belle affermazioni di Masci a Pescara, Gambini a Urbino, Olivero a Biella, Fioravanti a Ascoli Piceno, Fabbri a Ferrara, Zattini a Forlì, Scheda a Vercelli. Ad essi si aggiungono decine e decine di sindaci di centrodestra o civici a noi vicini nei comuni grandi e piccoli. La nostra coalizione da oggi ha più sindaci negli ottomila comuni d’Italia”. Lo dichiara il responsabile Enti Locali di Forza Italia, Maurizio Gasparri, commentando i ballottaggi.

“Si conferma altresì – prosegue Gasparri – la scarsa partecipazione nel turno di ballottaggio. Ragion per cui sarà opportuno dare seguito a ciò che Forza Italia propone da tempo e cioè di adottare il modello già scelto dalla regione Sicilia e dalla regione Fruili-Venezia Giulia di assegnare la vittoria, al primo turno, alla coalizione che raggiunge un consistente livello di consenso. Perché, in alcuni casi, può accadere che al ballottaggio vinca chi prende meno voti, al secondo turno, di quanti ne abbia presi l’avversario al primo turno”, conclude il responsabile Enti Locali di Forza Italia, commentando i ballottaggi. Quella contro il doppio turno è una battaglia che in queste ore sta conducendo anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa.

Il Partito Democratico guidato da Elly Schlein si conferma in salute e vince i ballottaggi nelle principali città, strappando al centrodestra sei tre capoluoghi di Regione chiudendo la partita iniziata l’8 e il 9 giugno con un secco 6 a 0. Nel conteggio complessivo dei capoluoghi, il campo più o meno largo del centrosinistra amministra ora 57 capoluoghi contro i 42 del 2019, mentre le destre ne perdono ben 12, scendendo da 52 a 40.

Le destre da tempo lavorano sull’abolizione del secondo turno e avevano provato un blitz con un emendamento leghista al “decreto elezioni” a meno di tre mesi dal voto, un tentativo che era però andato a vuoto per le forti proteste delle opposizioni – che gridarono al golpe – e di una parte della stessa maggioranza, contraria a cambiare le regole subito prima della partita. Ora però il discorso è tornato attuale, anche grazie a un intervento del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che a spoglio appena concluso ha diramato una nota in cui propone di modificare la legge ispirandosi a quella delle elezioni siciliane, dove per accedere al doppio turno nessuno dei candidati deve superare la soglia minima del 40 per cento.

“Viene eletto chi ha meno voti di quanti ne ha avuti l’avversario al primo turno”, ha detto la seconda carica dello Stato: un calcolo che però non tiene conto del fatto che nelle città in cui il divario al primo turno è molto netto e gli apparentamenti disegnano un quadro scontato, una parte dell’elettorato finisce per considerare inutile tornare a votare, cosa che al contrario non accade quando la partita è più aperta.

“È preoccupante che il Presidente del Senato, nel giorno in cui il suo partito fa registrare risultati negativi nei ballottaggi delle elezioni comunali, invece di riflettere sulle ragioni di queste sconfitte si occupi di rilanciare una proposta di cambiamento delle regole del gioco – quella di abbassare al 40 per cento la soglia per vincere al primo turno – che è una proposta sbagliata e grave sul piano democratico nonché figlia di impudenti calcoli di parte”, commenta il senatore del Pd Dario Parrini, vicepresidente della commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama, che aggiunge: “L’odio profondo della destra per il ballottaggio non toglie che la legge che da 31 anni disciplina l’elezione dei sindaci dei comuni medio-grandi sia la più solida e apprezzata delle leggi elettorali Italiane per tre ragioni: perché fu approvata con una larga intesa parlamentare e da allora non è mai stata modificata dalla maggioranza di turno contro l’opposizione; perché fissando al 50 per cento la soglia di vittoria al primo turno ha contribuito a garantire ai sindaci la forza e l’autorevolezza che derivano dal fatto di venire eletti a maggioranza assoluta e non a colpi di minoranza; perché solo una soglia del 50 per cento rende legittimo, politicamente e giuridicamente, attribuire un premio di maggioranza come quello previsto per i comuni sopra i 15 mila abitanti”.

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