‘Ancora’, la poesia di Luciano Russi

Giovedì 23 maggio si è tenuto presso la Sala Margana in Piazza Margana a Roma, un incontro dedicato alla poesia di Luciano Russi, con la presentazione di una raccolta postuma intitolata Ancora edita da Di Felice Edizioni nel 2023.

Dopo i saluti di Ornella Iavicoli Russi, presidente della Fondazione Russi, sono intervenuti Ennio Cavalli, giornalista e poeta, Valerio Magrelli, docente di Letteratura francese e poeta, e Renato Minore, scrittore e critico letterario, autore della prefazione al libro. Ad intrecciare i fili del dialogo è stato Carlo Prinzhofer, commediografo e poeta, autore di una postfazione al libro dal titolo L’incontro con l’altro, mentre Rosario Galli, autore e regista teatrale, ha interpretato alcune composizioni poetiche tratte dal volume, in cui è inserito anche suo scritto dal titolo Il poeta presente.

Molta partecipazione e consenso del pubblico in sala.

“Luciano era un poeta, un raffinato collezionista di emozioni. Riusciva, magistralmente, a cogliere al volo l’attimo poetico, con lo sguardo del falco, o del fotografo se preferite, cavandolo fuori dalla complessità che comporta il “mestiere di vivere”, avendo lui, una visione della vita decapitata dagli inutili ghirigori, liberata da tutto ciò che riteneva eccessivo, in sovraccarico. Questa era la sua vera sfida poetica-intellettuale. La sua militare azione di “sfrondamento”, ha commentato il poeta Prinzhofer.

Intense e profonde le parole del giornalista Ennio Cavalli per la poesia di Russi, attento, dettagliato e ricercato l’intervento del poeta Valerio Magrelli.

Nella prefazione al volume, Renato Minore scrive: “Quella di Luciano si potrebbe definire una poesia ginnica, ginnastica, etimologicamente: nuda, di puro movimento, che fa della lontananza una poetica dinamica dell’attuale, della contingenza, dell’urgenza. Il suo sguardo terso mira a lontananze cruciali e cogenti: l’origine e la sparizione, il lutto e la sopravvivenza. C’è un’acclamazione ferita nella voce. C’è un’inesausta tentazione di opporre un gesto, una fisicità, ancora e ancora, all’infinito nulla che noi siamo. La poesia è spesso un alibi, dici poesia e tocchi (pensi di toccare) un livello a priori di comunicazione superiore, garantita dalla marca. Non è così: la poesia come prova, rischio, ricerca costante, continuo riequilibrio del peso specifico della parola è sempre qualcosa che, come la lepre delle favole, puoi continuare a inseguire, puoi anche sfiorarla. Ma proprio la corsa con cui la inseguì ne segna, con il battito del tuo cuore, la necessaria velocità per non perderla di vista. E credo che Luciano abbia sempre corso e non l’abbia mai persa di vista”.

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