Il Parlamento non avallerà la richiesta di messa sotto stato di accusa per alto tradimento il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come voleva il Movimento Cinque Stelle. Nell’articolo di ieri abbiamo esaminato i capi di accusa che abbiamo trovato inconsistenti e guerriglieri. Napolitano scavalcherà la prova ed a mio avviso, e mi rivolgo ad i suoi critici, ha dato origine con il suo secondo mandato, ad una proposta di riforma, di fatto avvenuta con l’accordo di Renzi e Berlusconi. Molti dicono anche che il Governo Letta sia il peggiore della storia, ma non dobbiamo scrivere di questo e vogliamo invece ricordare il discorso di insediamento bis di Giorgio Napolitano. Ascoltiamo attentamente questi passi del suo discorso: “…apprezzo la fiducia che viene da una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia…” …e poi come voi tutti sapete, non prevedevo di tornare in quest’aula per pronunciare un nuovo giuramento e messaggio da Presidente della Repubblica…”, ed “…è emerso un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell’inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell’elezione del Capo dello Stato…” , e “…negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti, che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale, non si sono date soluzioni soddisfacenti e hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento…”, e poi “…imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all’attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi. La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell’abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti”, ed : “… ho il dovere di essere franco e se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese. Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana…”. Volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se non ci si misura su problemi come quelli che ho citato e che sono stati di recente puntualizzati in modo obbiettivo, in modo non partigiano…” Mi fermo qui. Allo stato attuale abbiamo una forza di invasati che vogliono cannoneggiare la riforma elettorale trasformando tutto in un nulla di fatto. La Camera ha comunque respinto le pregiudiziali di costituzionalità all’Italicum presentate da Sel, M5S, e Fratelli d’Italia. Lo scopo comunque sarà da parte degli oppositori della legge elettorale farla crollare a partire dall’11 febbraio, giorno in cui l’aula tornerà a lavorare su essa. Sia chiaro che il crollo di questa legge provocherà le dimissioni del Presidente della Repubblica, come ben si evince da quello scritto prima, e del Presidente del Consiglio che assisterà ad un suo fallimento politico. Chiudo citando Adriano Celentano, orai completamente disamorato di Beppa Grillo e che ha notato che il suo andamento politico non era più rock ma lento. Andamento lento, come il bellissimo pezzo musicale dell’arcibravissimo Tullio De Piscopo, eccezionale percussionista e batterista. Beppe Grillo invece non sa suonare la batteria ed il suo suono è caotico, inaccettabile ed inascoltabile…
Roberto Cristiano