Andate a Venezia per bere il latte dei sogni!

Dai nostri inviati: Barbara Lalle  testi 
                       Marco Marassi foto 
Sì è aperto al pubblico lo scorso 23 aprile la 59ª Esposizione Internazionale d’Arte che rimarrà  aperto fino al 27 novembre ‘22.
Per la prima volta un’italiana ricopre il ruolo di curatrice della Biennale di Venezia: Cecilia Alemani, quarantacinquenne milanese dal solidissimo curriculum.

“The milk of dreams / Il latte dei sogni” è titolo da lei scelto, mutuato dal libro di favole omonimo di Leonora Carrington. La scrittrice surrealista anglo-messicana delinea un mondo fantastico in cui la vita è in eterna e magica trasformazione attraverso il potere dell’immaginazione.
In questo periodo bellicoso e pandemico la curatrice ha puntato su un tema femminile e delicato, proprio come l’elemento alimentare per eccellenza con cui la neonata umanità da sempre si nutre.
Ed i sogni… il latte dei sogni. Già.
Già il nome preannuncia una mostra concepita come un viaggio in cui il fruitore incontra opere d’arte che circa la metamorfosi del corpo e le definizioni di umano sapranno scaturire dubbi e domande di forte attualità.
Il mondo immaginario della Carrington e reinterpretato dalle artiste ed artisti invitati dall’Alemani conduce al contempo nelle terre del magico ma anche in quelle del mondo nostro tanto reale quanto distopico (ma una volta la distopia non era appannaggio della letteratura fantasy? Come abbiamo fatto a farla diventare realtà?) da essere in bilico tra la sopravvivenza e l’estinzione.
Circa 200 artiste e artisti provenienti da 61 nazioni si sono confrontati con questo tema.
Per la prima volta in 59 edizioni è maggiore la presenza di donne e soggetti non binari rispetto agli artisti di genere maschile. In un numero di 180 non avevano mai partecipato alla Biennale di Venezia. Una scelta importante, condivisibile e per cui va plauso a Cecilia Alemani la quale ha voluto dare spazio a una serie di soggettività che fino ad ora non avevano trovato il giusto spazio dell’arte contemporanea, appannaggio di una élite maschile, eterosessuale e bianca.
La mostra sì snoda negli spazi dell’Arsenale e dei Giardini.
Le opere proposte sono di vario genere, di varia epoca, ti vari stili. Sarebbe veramente difficile parlarne ampiamente e saggiamente.
La Biennale va fruita, perché l’opera d’arte è totale. È come se la Biennale stessa fosse un’opera d’arte e non una semplice esposizione. Il mio è un invito ad andare. Vi accoglierà Venezia con il suo essere luogo dell’Altrove (così Altrove che lo spritz costa 2,50 euro). E vi immergerete in un mondo fantastico, dove vedrete delle opere di piccole dimensioni e altre giganti vi sovrasteranno.  È adatto a tutti e tutte. Anche bambini e bambine. Sarete immersi così tanto nei colori e nelle domande che crederete anche voi, specchiandovi in una delle istallazioni riflettenti, di essere opere d’arte, opere di fantasia. Non c’è bisogno di essere esperti di arte contemporanea. L’allestimento è fresco, piacevole, mai ridondante. Il percorso molto congruente verso un unico obiettivo. Verso il latte dei sogni.
Veramente, veramente, toglietevi tutto, ma non la Biennale.
Andate anche voi a bere il latte dei sogni!
Ma, ribadisco, anche lo spritz.
Ogni opera è accompagnata da didascalie chiare che conducono ad una piacevole e completa fruizione anche i non esperti.
Sarebbe troppo lungo soffermarsi sugli artisti e le artiste presenti all’Esposizione, ma vorrei nominarne due per tutti. Due donne, due italiane, alla prima presenza come espositrici alla Biennale.
Tommaso Binga alias Bianca Menna. Poetessa, performance artist, esponente di spicco della poesia sonora, tra le più grandi artiste italiane viventi. 91 anni.
Giulia Cenci, nata a Cortona, si è laureata a Bologna per poi continuare a proseguire gli studi in Olanda. In dieci anni si aggiudica importanti premi e mostre personali. 34 anni.
Viva le donne. Viva le artiste. Viva ogni età.
Barbara Lalle
         Fotogallery di Marco Marassi
 

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