Si torna a parlare di Lorena Quaranta, come non avremmo mai voluto.
Stavolta è la decisione della Cassazione a suscitare (e ben vengano!) aspre polemiche.
La Corte ha infatti deciso l’annullamento con rinvio della condanna all’ergastolo per Antonio De Pace. Si potrebbe obiettare che la decisione essendo limitata “soltanto” alla richiesta di valutazione delle attenuanti generiche non sia così “pericolosa” ma il nostro punto di vista è diverso e proviamo a spiegare il perché.
I giudici di merito, secondo la sentenza, non avrebbero tenuto conto che l’omicida sarebbe stato “stressato” a causa del Covid.
Ricordiamo che il femminicidio è avvenuto il 31 marzo del 2020, all’inizio della pandemia e del primo lockdown. Protagonisti della tragedia una laureanda in medicina di 27 anni Lorena Quaranta originaria di Favara (Ag) e il suo compagno di 28 anni, infermiere.
Il padre di Lorena dichiara “Il Covid con questa storia non c’entra niente. La verità è che lui aveva un complesso di inferiorità”, e noi di Rifondazione Comunista siamo d’accordo: Antonio De Pace non era in preda a un raptus psicotico quando ha ucciso Lorena in una villetta di Furci Siculo (Messina), De Pace era ed è semplicemente, brutalmente, un altro figlio del patriarcato. Lo racconta il suo efferato delitto.
Il fenomeno del patriarcato, con le sue logiche di potere e sopruso, con il suo incedere prevaricante nella mente, nel linguaggio, nei comportamenti, non può mai essere considerato come “attenuante generica”, come alibi per la responsabilità individuale.
Tuttavia, se continuiamo a gettare il sasso oltre il recinto, a differire la vera causa di questo malessere diffuso e troppo spesso letale non riusciremo mai a porvi rimedio.
Non solo il femminicidio ma anche le motivazioni di questa sentenza sembrano inscriversi in uno scenario specifico, di profondo radicamento del fenomeno nel substrato socioculturale del nostro paese e se ne possono cogliere tutte le implicazioni politico-sociali: Lorena è stata uccisa due volte.
È nell’alveo della prospettiva del patriarcato, che porta con sé le discriminazioni di genere, gli stereotipi sulle donne, la divisione di ruoli e l’esistenza di relazioni di potere disuguali tra donne e uomini, invece, che dobbiamo restare e da qui partire con consapevolezza e determinazione per tentare di decostruirla.
Tutt* insieme, perché siamo tutt* coinvolti.
Stefania De Marco, Segretaria circolo “Lidia Menapace” costa ionica messinese
Nicola Candido, Segretario regionale Sicilia
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea |