Antonio Tajani, del Partito popolare europeo, è stato eletto presidente del Parlamento Ue con 351 voti dall’Assemblea di Strasburgo, contro i 282 ottenuti dal candidato socialista Gianni Pittella nel ballottaggio tra i due. Applausi, abbracci e strette di mano degli eurodeputati in aula a Strasburgo all’indirizzo di Antonio Tajani, subito dopo l’elezione a presidente del Parlamento europeo. Lungo abbraccio anche con l’avversario Pittella, che si è avvicinato per salutarlo e congratularsi. I gruppi Ppe e Alde al Parlamento europeo avevano siglato un accordo di cooperazione che di fatto ha spinto Antonio Tajani verso la presidenza dell’eurocamera. Il candidato liberale dell’Alde Guy Verhofstadt ha ritirato la sua candidatura. L’Europa è in crisi, si legge nel testo dell’accordo, una coalizione pro europea è necessaria. Per questo Ppe e Alde, al di là delle loro differenze ideologiche, hanno deciso di lavorare insieme strettamente e offrire una piattaforma comune come punto di partenza per questa cooperazione pro europea.
Tajani siede a Bruxelles da 23 anni e al primo punto del curriculum sul sito personale, al capitolo ‘La mia attività’, scrive che ‘Grazie al mio lavoro in Europa è stato possibile mettere all’angolo l’Europa della finanza e riportare economia reale, industria, piccole e medie imprese e lavoro al centro dell’agenda politica’. Allo stesso modo al capitolo ‘Esperienze politiche’ elenca tutto omettendo però la vecchia militanza in Forza Italia, senza mai citare Silvio Berlusconi. Tajani sa bene che se è approdato alla più prestigiosa delle poltrone solo grazie alla fitta trama di relazioni personali che in decenni è riuscito a costruirsi e non certo per il sostegno del vecchio partito e tanto meno del vecchio capo, ormai in piena parabola discendente, al tramonto del ventennio berlusconiano. Il neo presidente del Parlamento Europeo ha raggiunto l’apice del successo personale proprio quando ha iniziato a giocare senza squadra nazionale, ma solo in quella sorta di multinazionale parlamentare che è il Ppe. Ma forzista e berlusconiano, curriculum o no, Tajani lo è stato davvero dalla prima ora. Il 18 gennaio del 1994, quando in via Santa Maria dell’Anima 31 a Roma, nello studio pre-politico del Cavaliere, viene istituita l’associazione Forza Italia, ci sono Antonio Martino, il generale Luigi Caligaris, l’imprenditore Mario Valducci, il notaio Francesco Colistra e Antonio Tajani, allora capo della redazione politica del Giornale di Indro Montanelli. Giovane militante di destra, negli anni del liceo, nei pericolosi anni Settanta romani. Gianfranco Funari si congratulò televisivamente con Berlusconi per aver scelto bene il ‘pupillo’ Tajani che in quel periodo che si costruisce un solido rapporto personale con Gianni Letta, punto di riferimento della Fininvest a Roma. Già allora braccio destro di un Berlusconi imprenditore e via via sempre più tentato dall’avventura politica. E sarà il futuro sottosegretario a presentare Tajani al magnate deciso a lanciarsi nell’arena politica, alla ricerca di un giornalista navigato per farsi guidare tra i palazzi che contano della Capitale. Ne diventerà portavoce, l’ombra, nei mesi della cavalcata trionfale dalla discesa in campo del gennaio 1994. Candidato in un collegio laziale alla Camera, una irregolarità formale nella presentazione della lista ne determina l’esclusione. Berlusconi prova a consolarlo con la candidatura alle Europee, da lì a poco, giugno ’94, ma lui non la prende benissimo. Viene eletto, vola nell’Europarlamento, ma la testa è a Roma. Diventa coordinatore laziale di Fi, affianca soprattutto Cesare Previti che nel frattempo viene nominato dal capo coordinatore nazionale. Nel 1996 prova a essere eletto di nuovo alla Camera ma viene sconfitto in un collegio maggioritario contro il sindaco pd di Paliano, a casa sua, nel Frusinate. E si infrangerà anche l’ultimo sogno, quello di diventare sindaco di Roma, nel 2001, quando sarà costretto a cedere il passo a Walter Veltroni. Forse allora, solo allora l’eurodeputato capisce che il suo destino è lontano dall’Italia e che è lì che converrà investire politicamente. Con gli anni matura l’esperienza, si consolida un certo prestigio personale nel Ppe, si accumulano gli incarichi, da commissario ai Trasporti, poi all’Industria, fino ai più recenti da vicepresidente del Parlamento dal 2014 e da vice presidente del Ppe. Filo Merkel sotto traccia anche negli anni più critici della premiership di Berlusconi, in cui Tajani si tiene lontano dalle guerre politiche e giudiziarie condotte in Italia dal suo leader. L’ultima sfida con Gianni Pittella, amico e avversario di una vita.
Cocis