Una crisi economico finanziaria di cui non si riesce aprevedere la fine a fronte di una gestione dell’emergenza per la quale non esiste alcuno strumento. Da qui parte l’analisi della situazione fatta dal commissario per l’emergenza Domenico Arcuri – che è anche Ad di Invitalia – in video audizione alle Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera.
“La situazione economico finanziaria è conosciuta, la crisi da coronavirus ha anzitutto caratteristiche, dimensione e durata del tutto imprevedibile, comuni a quelle di altre vissute nei decenni scorsi – ha detto – . La sua specificità è la ‘disordinata durata’: non riusciamo a prevedere per quanto tempo le attività economiche e sociali saranno condizionate e dovranno essere limitate”.
Quanto all’evoluzione della malattia, Arcuri fa sapere che con i ventilatori e le terapie intensive “siamo attrezzati a reggere picchi anche superiori a quelli della prima fase dell’emergenza; l’apocalisse non la regge nessuno, ma siamo tutti convinti che non ci sarà”. “Abbiamo ora circa 1.980 posti occupati in terapia intensiva su una disponibilità di 9 mila, abbiamo distribuito 4.200 ventilatori e potremmo raddoppiare il numero in pochi giorni – aggiunge -, ma non solo per ora non servono, ma non sappiamo dove saranno gli eventuali maggiori focolai” nella Fase 2. “La previsione di distribuzione dei ventilatori è già nei nostri magazzini e attendiamo per darli alle regioni una non auspicata ripresa dei contagi che sarà possibile dopo l’allentamento delle misure – ha spiegato Arcuri -. La quantità di ventilatori ci rassicura per una eventuale ripresa non clamorosa del virus”. “I posti in terapia intensiva – ha aggiunto – erano circa 5.200 a inizio crisi, ora sono oltre 9 mila; i posti nei reparti di malattie infettive e pneumologiche da circa 30 mila che erano si sono moltiplicati per 6. Tutto ciò è compatibile con un andamento dell’epidemia che resta nei picchi che ha avuto all’inizio della tragedia – conclude il commissario -, se assumesse, come nessuno pensa, dimensioni apocalittiche, nessun sistema sanitario al mondo potrebbe reggere”.
Il commissario ha poi spiegato che “l’Italia sta gestendo l’emergenza in paragone ad altri Paesi con modalità e strumenti largamente sufficienti a fronteggiarla, purtroppo non c’è alcuno strumento in grado di sconfiggerla”. Arcuri ritiene che “la seconda caratteristica della crisi è la sua natura, perché limita ma non azzera le attività economiche quando va bene, impedisce le stesse attività quando va male, impedisce la mobilità delle merci e delle persone”. “La terza caratteristica è che la crisi è globale, ha un impatto sulle relazioni economiche tra i Paesi. L’Italia ha approcciato alla crisi con i pregi ma anche i difetti strutturali che ha, con la sua dimensione del debito ma anche del risparmio – ancora il commissario -. La crisi è assolutamente eccezionale quanto a durata e caratteristiche globali. Lo strumento messo in campo dal governo è di grande significato quanto a dimensioni, valutare se sufficiente o necessiti di altri interventi ha a che fare con una valutazione impossibile, ossia sapere quanto durerà ancora l’epidemia.
Rispetto alle forniture dei dispositivi di protezione individuale Arcuri sottolinea che “alla fine dell’estate potremo liberarci di questo fardello (gli acquisti all’estero, ndr) e dire che abbiamo il 100 per cento di dispositivi di protezione individuale (dpi) prodotti in Italia, al momento è un quarto. Penso che in 40 giorni non io, ma gli italiani abbiamo fatto un buon lavoro”.
“Da lunedì (4 maggio, inizio fase 2) se serviranno possiamo distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, da giugno 18 milioni, da agosto 24 milioni al giorno. Le distribuiamo gratis a sanità, Pubblica amministrazione, forze dell’ordine e servizi essenziali, da lunedì anche ai trasporti pubblici locali e alle Rsa pubbliche e private. Ma il commissario non distribuisce mascherine ai cittadini, deve metterli in condizione di comprarle a un prezzo più conveniente possibile, di qui il prezzo calmierato a 0,50 centesimi. La gente dice che non ha mascherine? Io più che darle alle categorie indicate e alle farmacie non posso fare” ha sottolineato Arcuri. “L’obiettivo del prezzo calmierato delle mascherine è annientare una speculazione vergognosa, con il prezzo a 0,50 un genitore va in farmacia e con un euro compra due mascherine. Ho chiesto sanzioni per chi nonostante la norma tenta di vendere a un prezzo più alto. Io vorrei leggere una norma in cui queste speculazioni vengono non solo annullate, ma sanzionate. Io ho potere di confiscare e lo sto facendo”.
“Durante i primi giorni della crisi il prezzo delle mascherine, di 8 centesimi prima dell’emergenza, era arrivato almeno a 5 euro. Non esisteva una produzione nazionale di beni considerati marginali e diventati di consumo primario” ha detto Arcuri alle Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. “Il prezzo calmierato a 0,50 centesimi? Ci sono gli strepiti dei pochi danneggiati e il silenzio dei tanti cittadini avvantaggiati, ma che non hanno voce mediatica al contrario dei primi – ha aggiunto -. Il costo di produzione della mascherina è di 5 centesimi secondo le nostre analisi, capite qual era lo spazio di profitto, bisognava limitarlo, tanto più che le aziende non erano tutte italiane. Le aziende ora ce le danno a 38 centesimi”.
“Questa azienda, che ricavo dalla sua domanda che abbia un’altra ragione sociale, non ha fatto un contratto con il commissario straordinario, non deve rivolgere a me la domanda”. Così il commissario Domenico Arcuri alludendo al Gruppo Crai che ha annunciato di ritirare dalla vendita le mascherine chirurgiche perché il prezzo calmierato di 0,50 centesimi è inferiore a quello di acquisto da parte dell’azienda.
“Per le mascherine abbiamo fissato un prezzo massimo di vendita, non di acquisto. Rassicuro che l’obiettivo di calmierare il prezzo non è ostile all’obiettivo di attrezzare una filiera italiana e sostituire con essa prodotti che siamo costretti a importare. Così il commissario Domenico Arcuri. “Stiamo ragionando che per le mascherine in magazzino le aziende non abbiano a rimetterci, pensando a forme di ristoro se hanno comprato a un prezzo più alto (prima del prezzo calmierato, ndr). Da domani però non potranno comprare a un prezzo più alto, altrimenti avranno a rimetterci”.
Sui test sierologici Arcuri ha detto che “nel mondo nessun test garantisce una assoluta sicurezza del risultato. Per il requisito della specificità (capacità di identificare i soggetti sani, quindi la probabilità che un soggetto sano risulti negativo al test, ndr) il test della Abbott garantisce al 99%”. “La possibilità di farne 300 mila (prima 150 mila, poi altrettanti) riguarda la necessità di sapere andamento e mobilità del contagio. “I poteri straordinari mi consentivano di acquisire test a trattativa privata, ma non ho inteso usare questa facoltà. Ho ritenuto più civile fare una gara, seppure accelerata – ha detto Arcuri -. Il prezzo dell’offerta era l’ultima variabile, subordinata ad 8 criteri qualitativi. L’azienda che ha vinto ha deciso di offrire i test a titolo gratuito ai cittadini, ma il prezzo non è stata la nona variabile considerata”.
“Il settore più sofferente dell’economia è il commercio, non l’industria, che in gran parte non ha mai chiuso – ha proseguito Arcuri – ma dobbiamo contemperare le esigenze di riapertura con la salute dei cittadini. Lì (nel commercio, ndr) si concentra il maggiore problema, ma ho inteso che la progressiva riapertura anche di questi settori inizia il 18 maggio”.
Inoltre Arcuri ha fatto sapere che “interpretando una norma nel decreto Liquidità che non era linearmente prevista per Invitalia, abbiamo sospeso il rimborso dei mutui da parte delle imprese che hanno ottenuto agevolazioni. Abbiamo interpretato estensivamente una norma prevista per banche e intermediari finanziari, pensando che fosse una cosa giusta dare un sostegno e un po’ di fiato alle imprese non chiedendogli in questo momento di restituire le rate”. “E’ possibile immaginare di anticipare le erogazioni per gli stati avanzamento lavori, ma allo stato dell’arte delle norme noi non possiamo farlo – ha affermato -. Il mio favore rispetto a questa norma, che sarebbe complementare all’altra, è assoluto. Ci sarebbe bisogno che venisse prevista una norma che ce lo consente”.
“Per quanto riguarda il gruppo Invitalia – ha proseguito – segnalo per ora l’ampliamento dell’operatività del Fondo centrale di garanzia per le Pmi, che gestisce il Mediocredito centrale. Anche l’ampliamento della semplificazione dell’accesso: l’importo massimo della possibilità di ottenere garanzie è stato esteso fino a 5 milioni, il target delle aziende che possono accedervi è stato portato fino a 499 dipendenti. La percentuale di copertura diretta è stata incrementata fino al 90 per cento e la tempistica della garanzia fino a 6 anni, con la possibilità di estenderla fino al 100 per cento a certe condizioni. La dimensione economica dello strumento è di offrire garanzie per oltre 100 miliardi, una cifra importante”.