È finito in manette, Massimo Ciancimino, uomo chiave del processo sulla trattativa Stato- mafia, indagato per calunnia, concorso in associazione mafiosa e in riciclaggio di denaro. Questa volta il reato che lo ha portato in carcere è di associazione a delinquere ed evasione fiscale. Ciancimino è stato portato al carcere Pagliarelli di Palermo, dove proprio due giorni fa si è aperto il processo che vede alla sbarra mafiosi, politici ed ex ufficiali dell’Arma. L’ultima volta che il testimone di giustizia, era finito dietro alle sbarre è stato nell’aprile del 2011, quando fu arrestato a Parma con l’accusa di calunnia aggravata nei confronti dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro.
L’accusa. L’imprenditore è indagato dalla Procura di Ferrara per associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato e vari reati fiscali. Secondo l’accusa Ciancimino sarebbe stato titolare di fatto di alcune società che avrebbero evaso l’Iva per decine di milioni di euro. Inoltre, tra il 2007 e il 2009, il ‘testimone chiave’, ha fatto il trader proprio nell’ambito dell’acciaio. Il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo è anche indagato a Palermo per detenzione di esplosivo. L’aggravante inizialmente contestata dai pm, all’indagato, nell’inchiesta sulla maxi-evasione, ipotizza rapporti con la mafia calabrese e in particolare con la cosca Piromalli della Piana di Gioia Tauro.
Per il giudice delle indagini preliminari, Ciancimino non sussisterebbe l’aggravante mafiosa, contestatagli inizialmente dalla Dda di Bologna. L’aggravante traeva origine da alcune intercettazioni tra il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo e Girolamo Strangi, considerato legato alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Nelle conversazioni l’imprenditore e Strangi parlavano di affari e giri di denaro.
Le altre ‘menti’ coinvolte nell’inchiesta sarebbero: Patrizia Gianferrari di Riccione, sedicente rappresentante d’affari, Gianluca Apolloni di Roma, presunto commercialista che si occupava di far ‘scomparire’ le aziende a Panama. Con loro anche Paolo Signifredi di Parma. Gli altri cinque sono Mario Carlomagno, Mario Paletta di Potenza, Massimiliano Paletta di Ferrara, Valter Lotto di Reggio Emilia e Ennio Ferracane di Bergamo. Ai domiciliari sono finiti Giulio Galletto di Rovigo, Armido Manzini di Modena, incaricato di cercare aziende inattive da riutilizzare per le frodi dell’associazione, Elena Rozzanti di Ferrara e la marocchina Etois Safà. Decine i reati contestati alle 13 persone coinvolte nella frode fiscale per la quale è finito in carcere Massimo Ciancimino. Tra questi: evasione e frode fiscale, bancarotta fraudolenta, contrabbando, mendacio bancario, sostituzione di persona, falso in scritture private, falso commesso da incaricato di pubblico servizio.