Napoli. Un luminoso quanto originale albero natalizio campeggia in bella mostra, da ieri sera, nella hall del Renaissance Naples Hotel Mediterraneo. È un inno alla vita e alla capacità del popolo partenopeo di sapersi adattare ai cambiamenti e di riuscire a rialzarsi ogni volta, nonostante le avversità, guardando con speranza al futuro. L’opera metallica del poliedrico architetto e designer partenopeo Gian Barbato, s’ispira a un ‘Vicolo napoletano”, uno dei tanti che formano il dedalo di viuzze del tipico Centro Storico cittadino, e ne porta il nome. Ancora una volta, il rappresentativo albergo in via Ponte di Tappia, ospita una reinterpretazioni d’autore dell’abete di Natale. Un simbolo che ha prima affiancato e ormai in molti casi sostituito, il più tradizionale presepe, un tempo presente in ogni casa della Campania, protagonista del Natale e testimonianza della religiosità di un popolo, ed anche espressione della sua creatività. Sorge spontaneo pensare ad Eduardo De Filippo che nel suo capolavoro “Natale in casa Cupiello” chiedeva al proprio figlio se il presepe da lui appena ultimato, gli piacesse, – “te piace o’ presepe?” – sperando in un assenso puntualmente negato. Rispetto a quell’opera magnifica, datata 1931, l’allestimento di Barbato presenta due forti similitudini. La prima, è costituita dal vico (vicolo in lingua italiana) dove scorre la quotidianità tra panari (panieri) che vengono calati e alzati da finestre e balconi quali portapacchi, in un continuo “su e giù” che contraddistingue gli eventi della vita di ciascuno e testimonia la duttilità dei napoletani. La seconda, è riferita alla speranza che caratterizza il popolo partenopeo: quella che in esso non si esaurisce mai, in quanto generatrice di energia vitale. Perché di speranza, a Napoli, si vive da secoli! Ma è da una delle scene firmate dal regista Paolo Sorrentino in “Parthenope” che Barbato ha tratto ispirazione; in questo allestimento, presenta una sua originale lettura del classico albero del Natale, mettendo al suo posto un cono metallico di 4 metri d’altezza, che ingloba il fusto di una pianta dalla chioma rosso sangue. Tutt’intorno, “panari” illuminanti che diventano suggestivi punti luce nelle tonalità dell’azzurro (colore partenopeo per eccellenza): richiamo a un “vico” dei quartieri popolari di Napoli, dove accogliere ogni trasformazione nella vita e credere in una buona possibilità che può presentarsi all’improvviso, sono di fondamentale sostegno per affrontare le difficoltà e per andare avanti, anche quando tutto sembra crollare o si è già rovinosamente sgretolato. “I panieri e le voci rimbalzano tra i muri antichi e un albero di Natale svetta, adornato di speranza”, quale emblema di una città capace di uniformarsi a qualsiasi mutamento. Così come cambia il clima, accade pure per le tradizioni. In quest’ottica, l’albero natalizio al quale siamo abituati, si tramuta in “un’opera collettiva, specchio di un’umanità napoletana che lotta e spera in un futuro più sostenibile”. “Un panaro sale e uno scende”: l’opera di Barbato è come “un inno alla vita ed alla capacità tutta partenopea di riuscire a guardare avanti e rialzarsi, nonostante gli eventi e le circostanze”.
“Vicolo napoletano” porta una speciale dedica per ricordare l’impegno e la professionalità di Pietro Cavallo, giovane direttore del Renaissance Mediterraneo, prematuramente scomparso. Rimarrà in esposizione fino al 7 gennaio.
Teresa Lucianelli