La Suprema Corte di Cassazione si è di recente espressa in ordine all’assegnazione della casa coniugale, ribadendo un principio già sancito in passato e che, nonostante ciò, fatica a trovare applicazione pratica nei procedimenti attualmente pendenti.
A far data dalla Sentenza n. emessa dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 33/2008 che ha sancito il principio per cui l’assegnazione deve seguire il collocamento dei figli, in quanto habitat naturale ove la prole è cresciuta e sviluppa la propria personalità) la Cassazione ha confermato quale irremovibile il principio per cui in presenza di figli minori, la casa familiare resta all’ex convivente collocatario della prole e assegnatario dell’immobile per provvedimento giudiziale, anche se non proprietario o conduttore in virtù di un rapporto di locazione o comunque autonomo titolo (Cass. 17971/2015).
Indipendentemente dal titolo dominicale sul bene immobile e comunque al di là di qualsivoglia altro presupposto legittimante il possesso, l’uso, l’abitazione o altro diritto sul bene, l’assegnazione della casa coniugale in sede di giudizio dovrà necessariamente seguire il collocamento della prole, minore o maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente.
In ipotesi di casa coniugale costituita da immobile di notevoli dimensioni, soprattutto vista la crisi economica generale che sta interessando l’economia mondiale, è sempre più frequente che si avanzino istanze volte alla divisione dell’immobile, in modo da consentire ad entrambi i coniugi di assolvere alle proprie esigenze abitative, senza aggravare eccessivamente costi e dispendio di energie.
La giurisprudenza di merito ha cominciato da alcuni anni ad accogliere tale principio, ma solo in ipotesi di separazioni consensuali ovvero divori congiunti: diversamente, in sede di giudizio, è raro che il Tribunale opti per tale soluzione, anche perché la maggior parte dei casi che vedono contrapposti i coniugi in sede giudiziale, sono pervasi di tale e tanto aspra conflittualità da non consentire tale soluzione senza che ciò pregiudichi la serenità della prole.
Con la recente pronuncia in commento, la Suprema Corte di Cassazione ha inteso ribadire il concetto, affermando che nelle ipotesi di separazione giudiziale, è possibile circoscrivere la portata dell’assegnazione della casa familiare ad una porzione della stessa, benché ab origine la destinazione a casa coniugale interessasse l’intero immobile: pertanto sarà percorribile tale ipotesi a patto che sussista un “lieve grado di conflittualità coniugale”, che “agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico dei figli minori”. Tale valutazione è demandata al Giudice del caso concreto che dovrà valutare caso per caso e a seconda delle specifiche circostanze la possibilità di procedere all’assegnazione parziale.
Avv. Gian Maria Pallottini