Assegno di inclusione, il governo anticipa le domande al 18 dicembre. Conti del fallimento del Reddito di Cittadinanza

“Anticiperemo a metà dicembre le domande per il nuovo strumento, l’Assegno di inclusione, l’Adi, che parte a gennaio: siamo pronti”,  ha annunciato il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, in riferimento al nuovo strumento di contrasto alla povertà voluto dal governo e destinato a partire il 1° gennaio.

Secondo quanto riferito dal Sole 24 ore la data prevista per l’avvio delle domande sarebbe il 18 dicembre. L’anticipo delle procedure sarebbe stato deciso dal governo per evitare che le famiglie che hanno diritto al sussidio – fra le quali anche i percettori di reddito di cittadinanza che si trovano in condizioni di effettivo disagio – rischiassero di perdere una mensilità. Ma anche per evitare un click day che avrebbe potuto sovraccaricare il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisi) e generare un disservizio.

L’indennità Adi è un’integrazione al reddito familiare fino a 6mila euro annui, aumentabile in base a parametri che tengono conto della composizione del nucleo, e fino a 3.360 euro annui per l’eventuale necessità di pagare l’affitto e “viene attribuita – ha spiegato Caridi – a seguito dell’esito positivo dei controlli sui requisiti e alla sottoscrizione del Patto di attivazione digitale. Sarà erogata attraverso la Carta di inclusione che viene emessa da Poste italiane”.

Dalle prime stime trapelate dell’Inps saranno 737.400 i nuclei familiari interessati a richiedere l’Assegno d’inclusione, riconosciuto dal primo gennaio ai nuclei familiari che oltre ad un reddito basso, hanno disabili, minori, over 60 e persone prese in carico dai servizi sociali. La platea comprende 348mila nuclei con un minore, 215.800 con una persona disabile, 341.700 con un componente con almeno 60 anni.

«Il fallimento del reddito di cittadinanza viene certificato in maniera impietosa dal rapporto tra le risorse investite e i contratti di lavoro effettivamente attivati. Si giunge così alla cifra impressionate di 34 miliardi di euro spesi per il reddito di cittadinanza dal 2019 e di 1500 contratti sottoscritti grazie alle agevolazioni erogate. Insomma, agli italiani ogni contratto di lavoro è costato 22 milioni di euro»,  dichiara il vicepresidente vicario del gruppo di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon: «Un vero e proprio scandalo un disastro che porta la firma dell’Inps sotto la gestione di Tridico fatta di zero controlli e di zero attività per incrociare domanda e offerta di lavoro. Adesso il governo Meloni sta cercando di porvi rimedio, rimettendo ordine e spazzando via un sistema che non ha funzionato. Questo però non basta, è evidente che dopo tutto quello che è emerso sul reddito di cittadinanza va dato un segnale. Serve una nuova fase per l’Inps per dare agli italiani il messaggio che quella stagione è definitivamente alle spalle».

«Risorse pubbliche – commenta la deputata di Fratelli d’Italia, Marta Schifone, capogruppo in commissione Lavoro – scialacquate senza ritegno, utilizzate per dare risposte inadeguate alla crisi occupazionale, che non hanno fatto altro che alimentare la giostra del bieco assistenzialismo. Un cortocircuito a cui il governo Meloni ha finalmente tolto la corrente». Per ribadire ciò che il centrodestra dice da sempre: «Il reddito di cittadinanza, misura di bandiera dei 5 Stelle, che doveva, a loro dire, essere strumento di politica attiva del lavoro, è stato un totale fallimento».

Tommaso Foti osserva: “gli italiani hanno sborsato 34 miliardi di euro per finanziare il reddito di cittadinanza targato M5S che avrebbe dovuto ‘abolire la povertà’ ed eliminare la disoccupazione. Ma entrambi gli obiettivi sono stati mancati clamorosamente. I dati che arrivano dall’Inps sbattono in faccia a Conte &Co la verità: abbiamo speso l’equivalente di una manovra finanziaria per attivare solo 1.500 contratti di lavoro. Ogni nuovo posto è costato circa 22 milioni di euro. In sintesi: non solo, come già sapevamo, il reddito di cittadinanza ha prestato il fianco ad abusi e truffe ma anche le politiche attive del lavoro che lo avrebbero dovuto incentivare sono state un fallimento. I fondi stanziati sono serviti solo a coltivare consenso elettorale sottraendo risorse a chi davvero ne aveva bisogno. Il leader dei 5 Stelle Conte, al posto di agitare il nuovo specchietto per le allodole del salario minimo, farebbe bene a chiedere scusa agli italiani, visto che ogni famiglia per sostenere quel reddito ha pagato circa 540 euro al mese. Risparmi e sacrifici che sarebbe stato più utile e proficuo destinare altrove».

All’Inps, il ministro Marina  Calderone anticipa procedure e risvolti della misura post reddito di cittadinanza, e chiarisce: «Molti si chiedono se siamo all’innesco di una bomba sociale. Rispondo no. I numeri ci dicono che la situazione è assolutamente gestibile. Parliamo  della prima pietra di un architrave molto più complesso, facendo integrare tutti i soggetti che si occupano di lavoro in Italia».

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