Il presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi durante il suo intervento in occasione dell'assemblea nazionale del Pd nell'auditorium di Expo, Rho-Pero (Milano), 18 luglio 2015. ANSA / MATTEO BAZZI

Assemblea del Pd a Expo

Il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, è arrivato all’assemblea nazionale del Partito Democratico, che si svolge fra i padiglioni di Expo 2015, con i ministri Graziano Delrio, Roberta Pinotti, Stefania Giannini e Dario Franceschini. Arrivano puntuali anche i maggiorenti dem prendendo spazio nell’auditorium da mille posti. L’ordine di scuderia è di ricucire gli strappi e andare avanti, ma la polemica sulla trasferta è diventata un caso e ci si chiede di come sia possibile che il partito di governo, azionista di maggioranza della società che organizza l’Esposizione universale, utilizzi come ‘vetrina’ uno spazio pubblico destinato a ospitare manifestazioni internazionali. Il ministro Boschi detta la risposta: “Niente di inusuale o inappropriato. Come altri soggetti privati abbiamo chiesto ad Expo di tenere qui la nostra assemblea, ovviamente pagando”. Ma quella milanese non è una passerella e   non sfugge il valore politico della location voluta da Renzi. Il primo a sentirsi a disagio è Don Mazzi: “Non si capisce, il papa va in mezzo alla merda, vorrei un Pd che va a Quarto Oggiaro o a Baggio. Mi aspetto scelte chiare sugli innominabili. Se poi ci sarà da mandare giù dei rospi, chiedetelo a me, lo faccio tutti i giorni con quello lassù”. Don Mazzi si riferisce al premier che è invece un expo-sostenitore e qui è di casa, tanto da trascinare alle porte del capoluogo lombardo tutto il partito. Renzi, in un’ora di intervento, parla dei prossimi impegni del suo governo anticipando una ‘rivoluzione copernicana’ per la riduzione delle tasse: “Se faremo le riforme nel 2016 elimineremo noi, perché gli altri hanno fatto la finta, la tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e sugli imbullonati. Nel 2017 ci sarà un intervento Ires e Irap e nel 2018 interventi sugli scaglioni Irpef e sulle pensioni. Se continueremo a tenere in pista il cantiere delle riforme, come credo, nel 2016 faremo una sforbiciata delle tasse che proseguirà nel 2017-18 in maniera puntuale. Per 5 anni avremo un impegno di riduzione delle tasse che non ha paragoni nella storia repubblicana di questo paese. Una rivoluzione copernicana, senza aumentare il debito e dal 2016 l’Italia continuerà a rispettare i parametri europei.   Il problema che riguarda l’Italia e va tenuto sotto controllo è il debito. Rispetteremo i parametri nei prossimi tre anni perché non vogliamo che la curva del debito continui a crescere. Il Pd non è più il partito delle tasse, non lo so se lo è mai stato ma nella percezione pubblica sì.   La destra sembrava partito di innovazione e investimenti sul futuro mentre noi facevamo attenzione ai conti. Ora nel Pd non ci sarà nessun cambiamento genetico sui valori, sulla cultura politica, sugli ideali, ma sulle tasse sì. Saremo i primi che le riducono davvero e perciò saremo considerati credibili”. Renzi ha poi dettato i tempi delle riforme: “La riforma della Pubblica amministrazione entro il 7 agosto avrà la lettura definitiva in Senato. Nel mese settembre dobbiamo chiudere al Senato la riforma costituzionale, prima della legge di stabilità. Sulle unioni civili la discussione può essere fatta insieme al gruppo della Camera in modo che alla Camera la lettura sia confermativa e si possa definitivamente approvare entro l’anno la legge sulle unioni civili. Abbiamo 20 miliardi di euro per investimenti nelle infrastrutture che non stiamo spendendo e da qui al 31 dicembre 2016 andranno spesi fino all’ultimo centesimo. Venerdì 24 a Palazzo Chigi gli operai di Whirlpool entreranno a firmare l’accordo che salverà quella azienda. Renzi ha poi difeso l’attività del governo: “La politica sembrava imbambolata e ferma, sembrava impossibile che riuscisse a mostrare il volto della decisione e invece in sette mesi abbiamo deciso perché la politica che non decide non fa il suo mestiere. Sette mesi fa eravamo preoccupati che le riforme potessero essere bloccate nella palude e non sono qui a dirvi che sono state sbloccate ma che grazie a quelle riforme l’economia si è rimessa in moto e adesso è il momento di fare il salto di qualità e siamo in grado di farlo. Ciò che abbiamo fatto con nostri deputati e senatori in un arco di tempo abbastanza limitato è particolarmente degno di onore e orgoglio perché ha consentito al Paese di ripartire. Lo dimostrano i numeri crudi di questi giorni e delle ultime ore sono spesso oscurati dalla grancassa del disfattismo cosmico. Tornando al passato, Renzi ha detto che “se per eleggere Mattarella qualche forza ha inteso venire meno ai propri accordi sulle riforme sappia che rifaremmo una, dieci, cento volte la stessa scelta, perchè credevamo al ‘patto del Nazareno’ per quel che c’era dentro, non per quello che qualche vecchia gloria del fantasy della politica aveva immaginato potevamo inserirci”. In realtà la disinvoltura e le ostentazioni di fiducia del premier-segretario non bastano più e sono vissute dalle anime disallineate del partito con sofferenza. Gli ultimi sondaggi fotografano un tonfo del Partito Democratico tra il 32% (rilevazione Demos) e il 31,5% (Ipsos), il punto più basso a livello demoscopico del PD di Matteo Renzi, sceso non solo rispetto al 40% delle europee, ma anche ai dati di inizio mandato a Palazzo Chigi, quando era stimato intorno al 32,3%. Inutile sottoporre i dati ai delegati e domandare se ritengono di avere ancora i numeri per governare fino al 2018. Dentro l’auditorium di Expo è la giornata del Pd che è ben accompagnato dai suoi fantasmi e dalle sue inquietudini…

Cocis

 

 

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