Da tempo, come Fondazione ANT, ci facciamo portavoce dell’importanza cruciale che l’assistenza domiciliare può rivestire in un nuovo modello di Sanità più vicino ai cittadini, più reattivo anche quando viene messo a dura prova da agenti esterni, come nel caso della pandemia da Covid-19.
Ci fa dunque ben sperare il discorso che il Professor Mario Draghi ha tenuto in Parlamento in questi giorni, parlando della casa come principale luogo di cura e di potenziamento dell’assistenza territoriale e domiciliare integrata come ricetta per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza”.
Gli ultimi mesi lo hanno dimostrato: si stanno sempre più configurando due poli assistenziali con caratteristiche e finalità ben definite. Da un lato l’ospedale, che come osserva lo stesso Draghi costituisce il setting dedicato al trattamento delle fasi acute nelle situazioni di alta complessità clinica, e dall’altro le cure territoriali che permettono di gestire a livello ambulatoriale e al domicilio una gamma sempre crescente di interventi sostitutivi ai ricoveri.
Se in questi mesi di pandemia abbiamo avuto la prova del ruolo strategico giocato dall’assistenza domiciliare, ora è tempo di valorizzare l’esperienza e metterla a sistema con percorsi di cura integrati tra pubblico e privato sociale, definiti a livello nazionale.
Mi permetto quindi di integrare le dichiarazioni del prof. Draghi, sottolineando il lavoro degli enti del Terzo Settore che, come ANT, hanno saputo dimostrare nello spazio e nel tempo professionalità, sostenibilità economica e un impatto positivo e concreto sulla vita delle persone malate e delle loro famiglie. Il tutto con una gestione delle risorse economiche che consente risparmi rilevantissimi per la comunità. Se vogliamo dire no a una sanità pubblica per pochi e abbracciare invece una sanità integrata per tutti, vanno superate le resistenze e si deve tenere sempre più conto del ruolo del Non Profit.
Raffaella Pannuti, Presidente Fondazione ANT