“Atene, vivere in una città antica” a cura di Marco Bettalli e Maurizio Giangiulio

Prof. Marco Bettalli  ha curato con Maurizio Giangiulio l’edizione del libro Atene, vivere in una città antica, edito da Carocci. Per tutti noi, l’Atene classica rappresenta un simbolo, «la città che sperimentò la perfezione delle forme architettoniche e artistiche; la città della democrazia, radice antica dei valori di libertà e uguaglianza politica; il luogo per eccellenza della filosofia o la patria della Storia con Erodoto e Tucidide»: cosa significava, in realtà, vivere nella più grande città del Mediterraneo del V secolo?

Atene, vivere in una città antica, Marco Bettalli, Maurizio Giangiulio

Ovviamente la straordinaria dimensione intellettuale della città era importante solo per una piccola minoranza. Se c’è un motivo per cui il libro è stato scritto, è per sottolineare la dimensione quotidiana, “normale” della città, in cui 60.000 cittadini e una popolazione complessiva, compresa quella femminile e schiavile, di oltre 400.000 persone (stiamo parlando dell’apogeo di Atene, intorno alla metà del V secolo) vivevano e lavoravano. Per tutte queste persone, Atene era una grande città, con il porto commerciale del Pireo che era sicuramente primo nel Mediterraneo per movimenti di navi e di merci; e dunque un luogo cosmopolita, ricco di opportunità, in cui era possibile fare fortuna e magari arricchirsi. I cittadini erano poi dei privilegiati, sicuramente consapevoli di appartenere a una città potente e rispettata.

Che ruolo svolgevano la guerra e la violenza nell’Atene classica?

La guerra era una compagna fedele dei cittadini. Pochissime volte essa giunse a minacciare la vita quotidiana nell’Attica (solamente al tempo delle guerre persiane, poi, cinquant’anni dopo, con le invasioni degli Spartani e, ancora, alla fine della guerra del Peloponneso con l’assedio finale, in cui molti soffrirono la fame), ma partecipare a una spedizione lunga 2, 3 o 4 mesi e magari combattere in una battaglia campale era un’esperienza che un cittadino sicuramente provava una, due, o più volte nella sua vita; la percentuale di mortalità per cause belliche – per quanto è possibile calcolarla – lungo tutta l’età classica fu complessivamente molto alta, almeno al livello della Francia durante la I guerra mondiale, il caso più alto dell’età moderna.

Quanto al concetto più generale di violenza, è possibile affermare che essa fosse piuttosto diffusa nella società ateniese, specie per regolare i rapporti tra “superiori” e “inferiori”. Innanzi tutto, per la presenza – massiccia: erano in numero molto maggiore dei cittadini – degli schiavi, che sono di per sé un fattore di violenza dell’uomo sull’uomo. In secondo luogo, per la sostanziale mancanza di corpi di polizia, che faceva sì che la sicurezza del vivere quotidiano fosse affidata agli stessi cittadini e che – per esempio – l’esecuzione delle sentenze dei tribunali fossero affidate ai vincitori di una causa, con tutti i problemi che ciò comportava.

Che dimensioni e caratteristiche ebbe, ad Atene, l’economia?

Il ruolo dell’economia nelle società antiche è tuttora molto discusso. In breve, Atene era una città eccezionale da questo punto di vista, nella quale le attività economiche di scambio e di produzione erano molto vive, molto diffuse, la moneta ateniese (la dracma) era impiegata quotidianamente, anche per transazioni minute. Dal Pireo arrivavano e partivano in continuazione navi provenienti e dirette in tutto il Mediterraneo: l’abbondanza di prodotti disponibili sul mercato ateniese non aveva uguali in tutta la Grecia. Ma gli Ateniesi non vivevano in mondo in cui l’economia era al centro delle attenzioni dell’uomo comune e dei governanti, e le conoscenze di teoria economica erano assolutamente elementari. Inoltre, l’agricoltura costituiva pur sempre l’attività di gran lunga più importante in ambito economico e la proprietà della terra il bene-rifugio più ambito. Molti cittadini, come accadeva ancora cinquant’anni fa in alcune realtà urbane, soprattutto del Meridione, possedevano appezzamenti di terra che si recavano a curare, partendo quando era ancora notte dalla loro abitazione in città.

Che ruolo svolgevano le donne nella società ateniese?

Il ruolo delle donne era estremamente limitato. Non avevano accesso al mondo della politica e per qualsiasi attività che le mettesse in relazione con il mondo circostante avevano bisogno di un uomo che le rappresentasse (il padre, il marito, il fratello). Giungevano prestissimo al matrimonio, intorno ai 14-15 anni: un matrimonio quasi sempre “combinato”, con un contratto, stipulato anni prima dal padre. La possibilità di avere un ruolo sociale era anch’essa molto limitata; persino le uscite di casa erano controllate e, in caso di adulterio, le colpe ricadevano esclusivamente sull’uomo che le aveva “ingannate”. L’apprezzamento nei loro confronti era dunque limitato al loro ruolo di madri, in grado di generare cittadini. In realtà, il quadro che abbiamo rapidamente delineato si attaglia alle donne di “buona famiglia”: è quasi certo che le donne “del popolo” godessero di una maggiore libertà, lavorando (magari vendendo prodotti al mercato) e svolgendo una vita più “normale”.

I meteci costituivano una parte significativa della popolazione ateniese: qual era la loro condizione?

La condizione dei meteci (gli stranieri residenti ad Atene) era molto varia. Sappiamo di meteci ricchissimi, come Cefalo, siracusano, padre del grande oratore Lisia, amico dello stesso Pericle; buona parte dei grandi intellettuali dell’epoca classica (tanto per dire, Erodoto o Aristotele) erano meteci. Ma la stragrande maggioranza di essi erano immigrati attratti dalle opportunità della grande città, dovevano pagare una tassa per vivere ad Atene, non avevano diritto di acquistare terreni o case e spesso non incontravano grande fortuna. Si dedicavano, per lo più, ad attività artigianali e si concentravano spesso al Pireo.

Come si articolava la struttura urbana ateniese?

La struttura urbana ateniese era articolata in due realtà – il centro di Atene propriamente detto e il porto del Pireo – distanti 6-7 chilometri l’una dall’altra e unite dalle cosiddette Lunghe Mura, che disegnavano un ampio spazio protetto da fortificazioni, e un territorio relativamente vasto (circa 2500 kmq) corrispondente alla penisola dell’Attica, dove si trovavano numerosi villaggi e alcuni centri relativamente grandi, ricchi di una vita sociale, economica e culturale a livello “locale” che a lungo è stata trascurata dagli studiosi. Questo territorio era unito, dal punto di vista politico (era cittadino ateniese anche chi viveva a 50 km. di distanza, anche se aveva ovviamente molte difficoltà a partecipare all’assemblea e alla vita pubblica di Atene) ed economico, al centro urbano della città, in una sorta di continuum città/campagna che costituisce una delle caratteristiche principali della città antica.

Che funzione aveva l’arte pubblica nell’Atene classica?

Se per “arte pubblica” ci limitiamo a indicare i grandi monumenti di Atene come il Partenone, che ancora oggi sono meta dei turisti di tutto il mondo, i suoi cittadini, che ne godevano la vista ogni giorno, ne erano certamente molto orgogliosi, perché tali monumenti ricordavano quotidianamente la grandezza e l’importanza della loro città. Va inoltre sottolineato come i templi e i luoghi sacri fossero legati profondamente alle feste, numerosissime in ogni stagione dell’anno e sempre, senza eccezioni, legate al rapporto che gli uomini intrattenevano con gli dèi, con espressioni di religiosità pubblica che tollerava a stento manifestazioni di agnosticismo o addirittura di ateismo.

Ma la forma di arte “pubblica” di gran lunga più sentita era il teatro, che – in larghissima misura a spese pubbliche, grazie a “sponsorizzazioni” dei cittadini più abbienti – offriva in numero­se occasioni dell’anno spettacoli che vedevano l’affluenza di circa 15.000 spettatori, una percentuale elevatissima dei cittadini maschi della città. La passione con cui sia gli agoni tragici sia quelli comici venivano seguiti era davvero straordinaria: le rappresenta­zioni, nei giorni in cui erano previste, andavano avanti per 8-10 ore e il coinvolgimento degli spettatori era altissimo, niente a che vedere con quello che noi osserviamo nel teatro moderno. Il teatro antico svolgeva così un ruolo sociale di enorme importanza, come luogo in cui i cittadini dibattevano e metabolizzavano i principali temi che da sempre una comunità deve affrontare.

Marco Bettalli è professore ordinario di Storia Greca all’Università di Siena. Si è occupato di Erodoto, di storiografia greca e di storia economica; il suo principale campo di indagine è la guerra nel mondo antico. Tra le sue pubblicazioni: Un mondo di ferro. La guerra nell’antichità (Laterza 2019); Mercenari. Il mestiere delle armi nel mondo greco antico (Carocci 2013); Introduzione alla storiografia greca (III ed. Carocci 2022); Storia greca (III ed., 2021).

Maurizio Giangiulio è professore ordinario di Storia Greca all’Università di Trento e insegna presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene. Si occupa di mobilità mediterranea, di storiografia, di democrazia e di memory studies. Tra le sue pubblicazioni: Memorie coloniali (L’Erma 2010); Introduzione alla storia greca (Il Mulino 2021) e, con la casa Editrice Carocci, Democrazie greche (2017) e Magna Grecia. Una storia mediterranea (2021).

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