L’impresa è compiuta. L’Atletico Madrid scrive il lieto fine sulla sua meravigliosa favola. Davide ha battuto Golia nel modo più bello, in un finale thrilling. Quando la vittoria sembrava fatta succede quello che non ti aspetti: la sconfitta col Levante quando tutti perdono, il pareggio col Malaga col guantone di Caballero che ha funestato gli incubi dei tifosi colcheneros per tutta la settimana. Quindi la trasferta a Barcellona, un autentica finale contro i mostri sacri in maglia blaugrana davanti a 100.000 persone. Gli infortuni di Diego Costa e Arda Turan, il gol di Sanchez. Sembrava tutto finito ma questo Atletico non ha mai mollato e ha fatto del cuore, del carattere e del coraggio le sue armi e così, gettando ancora una volta il cuore oltre l’ostacolo, il gol di Godin scrive un finale diverso, il finale più giusto: l’Atletico è campione di Spagna. Dopo 18 anni Simeone, in campo nel 1996, riporta un titolo sulla sponda meno nobile di Madrid e l’Atletico scrive la storia perché dopo dieci anni interrompe l’egemonia di Real e Barcellona che in questi anni sono diventate corazzate capaci di dominare non solo la Spagna ma anche il Mondo. Ma oggi l’Atletico ha sovvertito le gerarchie portando a casa la Liga più bella e avvincente degli ultimi decenni e forse della storia. Senza campioni rinomati, senza milioni di euro spesi. Il trionfo dell’Atletico è il trionfo della tattica, della grinta, del cuore, della normalità. Tattica, cuore e grinta che hanno fatto la differenza anche oggi. Ma veniamo alla partita, a come è arrivato questo titolo. L’importanza della partita è unica e tanto Simeone quanto Martino affrettano i recuperi degli infortunati. Il Cholo manda in campo Diego Costa supportato dall’ex Villa, il Tata recupera Neymar che però va in panchina e Pique. E il difensore blaugrana regala il primo brivido all’undicesimo rischiando l’autogol. Ma non è nulla in confronto a quanto succederà da lì a poco. L’Atletico riparte in contropiede, Diego Costa accompagna velocemente i compagni ma si ferma e si accascia. Il problema muscolare si rimaterializza e Diego Costa piange in panchina. La voglia di esserci in questa partita decisiva rischia di costargli anche la finale di Champions di sabato contro i cugini del Real. Ma non è finita, la sfortuna sembra avere un conto aperto con i colchoneros e al 21′ la stessa sorte tocca ad Arda Turan che lascia il campo per una botta all’anca. Sembra una maledizione e Simeone, incredulo, scuote la testa. Nonostante tutto l’Atletico non si scompone e, nonostante possa accontentarsi di un pareggio, non disdegna le sortite offensive e opera la solita pressione folle in mezzo al campo. Il Barcellona sembra domato ma al 33′ cambia tutto con un gol fantascientifico di Alexis Sanchez che fa esplodere il Camp Nou: Dani Alves scodella per il taglio ad uscire di Messi il cui stop di petto diventa un passaggio per l’ex Udinese che non ci pensa due volte e da posizione quasi impossibile scarica un destro pazzesco che fulmina Courtois e si insacca sotto l’incrocio. Gol “maravilloso” del “Niño Maravilla” che indirizza la Liga verso Barcellona. Nella ripresa l’Atletico entra con il sangue agli occhi e David Villa al pronti – via colpisce il palo e dopo due minuti controlla male permettendo l’uscita di Pinto. Ancora sfortunato l’ex blaugrana, dopo i due legni in Champions. Ma il gol è nell’aria e arriva al 49′ con Diego Godin. Un difensore col vizio del gol che punisce una delle maggiori debolezze del Barcellona e cioè le palle inattive. Tutto da rifare per il Barca che, incassato il gol, comincia a macinare gioco trovando di fronte il solito muro biancorosso, oggi in maglia gialla. Il muro viene scardinato al 63′ da Messi ma è fuorigioco che strozza il boato del popolo culè con Martino che porta le mani tra i capelli. Il forcing è sterile, l’Atletico è sempre attento e allora non rimane che affidarsi ai tiri dalla distanza ma Courtois è attento come quando all’ottantesimo smanaccia sulla sassata di Dani Alves. La forza dell’Atletico è stata sì Diego Costa ma soprattutto un’organizzazione tattica e difensiva incredibile e così lo squadrone di Messi, Neymar, Xavi, Iniesta, Sanchez non trova un centimetro libero, non trova un buco. La trincea colchonera resiste fino a quando al 93′ arriva il triplice fischio. È fatta, dopo 18 anni la Liga è biancorossa. Simeone si siede in panchina incredulo, le lacrime solcano il suo viso. È il suo trionfo, più di chiunque altro. Il calcio regala belle storie e il Camp Nou stasera ci regala una lezione meravigliosa: al fischio finale il popolo blaugrana, i 100.000 del Camp Nou tributano un’autentica ovazione ai neocampioni e Simeone e soldati ringraziano con un altro applauso. In Italia abbiamo tanto da imparare. Oggi in Spagna ha vinto l’Atletico, a Barcellona ha vinto il calcio.
Sebastiano Borzellino