Il neo presidente dell’Anm Piercamillo Davigo in una intervista al ‘Corriere della Sera’ schiera la sua Associazione contro la politica in generale, e più in particolare contro il Pd e il governo. L’iniziativa ha suscitato alcune riserve tra gli stessi magistrati, una presa di distanza dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, mentre nel Pd è stata vissuta come una provocazione a cui non rispondere, una sintesi fatta anche da molti renziani che così’ traducono il pensiero del leader del partito, e premier Matteo Renzi che era in visita a New York e che ha accolto le esternazioni del magistrato con molta irritazione: ‘Davigo chi?’, ha commentato d’istinto prima di imporre il silenzio al suo partito. Le parole pronunciate dal presidente dell’Anm, quell’atto d’accusa alla politica così generico da far capire chi fosse nel centro del mirino, rappresentano, secondo il premier, l’inizio di una crociata, o meglio la formalizzazione del conflitto che un pezzo di magistratura, forze politiche e poteri più o meno indeboliti, aveva da tempo programmato contro Palazzo Chigi. Ai suoi occhi è come se Davigo avesse precostituito una sorta di comitato referendario per il no alle riforme, principalmente quella della giustizia, che è al vaglio del Parlamento, e quella costituzionale, che sarà al vaglio del Paese. Renzi in realtà non ha riconosciuto a Davigo la patente di interlocutore istituzionale e vuole capire quale sarà la reazione del corpo togato, dove già si segnalano stupore e malumore diffuso. La dichiarazione di Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, in merito alle dichiarazioni di Davigo, afferma la sua denuncia contro chi alimenta il conflitto tra le istituzioni, dando voce, pur senza esporlo, anche al presidente della Repubblica, che è presidente del Csm e con il quale Legnini si è consultato prima di mettere a distanza Davigo. Era da giorni peraltro che le due cariche dello Stato incrociavano opinioni preoccupate e la clamorosa sortita del presidente dell’Anm ha dato corpo a quei timori. E non c’è dubbio che lo scontro abbia una valenza politica. Le reazioni del Palazzo hanno tracciato il solco di un nuovo bipolarismo giudiziario, con un fronte che tiene insieme i Cinquestelle e quel pezzo di sinistra orfana della stagione dipietrista, e un fronte che raccoglie quasi tutto il Pd e quasi tutto il centrodestra. In contemporanea la presidente della Commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, ha messo in discussione il ruolo di Davigo come magistrato giudicante in Cassazione. In serata Davigo ha corretto il tiro: ‘Non ho mai pensato che tutti i politici rubino, mi riferivo alle mie inchieste e ai fatti di cui si è saputo’. Però sul Corriere della Sera Davigo ha attaccato a testa bassa: ‘I politici non hanno smesso di rubare, hanno solo smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto’. Quanto al passato il presidente dell’Anm accomuna il governo Berlusconi a quelli di centrosinistra. E Renzi? ‘Fa le stesse cose. Aumenta le soglie di rilevanza penale. Aumenta la circolazione dei contanti’. Per non parlare della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Già di prima mattina Luca Palamara, predecessore di Davigo alla guida dell’Anm, ha preso le distanze: ‘Le generalizzazioni a me non piacciono e non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto che ai magistrati non giova’. Stesso ragionamento in Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma e leader di Magistratura indipendente, critico per i toni eccessivi, parole esagerate, generalizzazioni superficiali e ingiuste. Anche Nicola Gratteri non ha condiviso le parole di Davigo: ‘Penso che abbia sbagliato a generalizzare, bisogna sempre entrare nello specifico. Se si dice che ‘sono tutti ladri’, facciamo il gioco dei ladri’. In casa Pd la parola d’ordine è stata di non cadere nella provocazione, quindi nei comunicati e sui social Davigo non è stato attaccato e la sua sortita non ha stupito il capo del governo, che ha accolto quelle parole come fossero un assist. Non è ancora chiaro come finirà la crociata e lo si capirà con il referendum sulle riforme costituzionali.
Cocis