Auto, scontro tra Italia e Ue: cosa rischiano le nostre aziende

Non è stato privo di strascichi il voto di mercoledì scorso (8 giugno) del Parlamento europeo sugli otto dossier del pacchetto “Fit for 55“, con il quale la Commissione europea di Ursula von der Leyen ha messo nero su bianco l’obiettivo di tagliare le emissioni inquinanti nei Paesi membri del 55% entro il 2030. Il tutto per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

La plenaria riunita a Strasburgo ha approvato cinque degli otto dossier previsti. Il voto serviva a decidere la posizione negoziale da tenere (in attesa del voto del Consiglio, presieduto da Charles Michel) sugli standard di emissione di CO2 per auto e furgoni nuovi. L’aula si è allineata con la proposta della stessa Commissione: dal 2035 nel territorio dell’Ue non potranno più essere immatricolate auto nuove a diesel, benzina, gpl e ibride. Solamente i produttori di auto di lusso godranno di una deroga fino al 2036.

Il Consiglio si esprimerà in maniera definitiva il prossimo 28 giugno, quando i capi di Stato e di governo decideranno se allinearsi alla posizione uscita da Strasburgo questa settimana, con la possibilità che questa politica venga addirittura inasprita: a pesare potrebbero essere le spinte dei governi francese e tedesco, che al loro interno comprendono una forte componente ambientalista, il cui obiettivo è proprio quello di convertire completamente la produzione di auto attuale, arrivando ad un esclusivo consumo elettrico.

In Italia invece le reazioni sono state contrastanti, ma a pesare in maniera importante è stato il commento del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, che ha apostrofato il voto come “una delusione“, affermando che “l’esito era abbastanza scontato” visti i presupposti su cui si era incanalata la questione. Il ministro leghista si è detto a favore della “neutralità tecnologica“, ma ha tenuto a specificare come “la transizione ambientale deve tener conto anche delle ricadute sociali ed economiche su tutte le filiere del lavoro“.

Ma il numero 2 del Carroccio, parlando alle agenzie di stampa, ha rincarato la dose, mostrando tutta la propria insoddisfazione per la decisione dell’Unione europea. “Di questo passo” – ha detto titolare del dicastero – “il destino è l’eutanasia della nostra industria“.

Scendendo nel merito dei vincoli sempre più stringenti sull’utilizzo dei carburanti inquinanti, Giorgetti ha inoltre specificato che, stando alla sua opinione, “il futuro non è solo elettrico“. E ha voluto mettere in guardia cittadini e istituzioni dalle “visioni ideologiche” che – a suo parere – rischiano di portare all’approvazione affrettata di provvedimenti che avranno ricadute considerevoli sul sistema economico e sociale dei diversi Paesi.

Intanto in Italia c’è una casa automobilistica che in piena autonomia aveva già deciso di anticipare la decisione delle istituzioni comunitarie, scegliendo di non produrre più mezzi a diesel e benzina già dalla prossima estate: si tratta della Fiat, che dal 1° luglio immetterà sul mercato delle auto solamente veicoli elettrici o ibridi.

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