La parte del Milleproroghe relativa al passaggio temporaneo delle concessioni ad ANAS in caso di revoca o decadimento delle stesse, ha scatenato la polemica all’interno della maggioranza di governo. E Autostrade non è intenzionato ad assistere da spettatore, anzi, passa all’offensiva e minaccia la maggioranza.
Ma iniziamo dalla questione politica. Giuseppe Conte è convinto che il governo troverà la sintesi già nelle prossime ore superando le difficoltà emerse. Per il premier non si tratta di una battaglia contro Aspi, ma della ghiotta occasione per andare a colmare un vuoto normativo che continua ad appesantire l’Italia. Lo scopo del Presidente del Consiglio è quello di arrivare a contratti uniformi per la concessione delle autostrade a prescindere dall’interlocutore. Conte persegue il pubblico interesse nudo e crudo, mentre Di Maio ci mette dentro anche buona parte di interesse politica. Quella contro Autostrade per l’Italia è diventata una vera e propria battaglia dopo la tragedia del Ponte Morandi. Proprio l’estremismo di Di Maio potrebbe spaccare la maggioranza, spostando la luce dei riflettori dalle genuine prospettive di Conte.
Il secondo problema -prevedibile – è legato alla controffensiva della famiglia Benetton. Nei giorni di discussione sul Milleproroghe il Cda di Autostrade si è riunito per analizzare le carte e stabilire la propria strategia. Autostrade, nella nota diramata al termine del Cda, parla di profili incostituzionalità e contrarietà alle norme europee. Il Milleproroghe sarebbe un decreto legge per la revoca, nella visione di Aspi, e, sempre secondo Autostrade, non ci sono le condizioni di estrema urgenza e necessità per procedere con un decreto legge che porti alla revoca delle concessioni autostradali. Se il governo dovesse procedere Aspi si appellerebbe, stando a quanto emerso sui giornali di settore, all’articolo 9 bis, comma 4 della Convenzione unica siglata tra lo Stato e Autostrade. Che detto così dirà poco ma dice decisamente tanto se si analizza il contenuto. La parte in questione stabilisce che se il quadro regolatorio o normativo cambia in modo peggiorativo rispetto a quello in vigore nel momento della firma della Convenzione, allora Autostrade può decidere di recedere dalla stessa Convenzione. E allo Stato toccherebbe rimborsare Aspi per il valore della concessione fino alla scadenza della stessa, attualmente fissata per il 2038. In parole povere Autostrade presenterebbe al governo italiano la richiesta di risarcimento dal valore di 23 miliardi e mezzo.