Banca Etruria dichiarata insolvente dal Tribunale di Arezzo

Il Tribunale di Arezzo, con il collegio fallimentare presieduto da Carla Galantino,  ha dichiarato lo stato di insolvenza della vecchia Banca Etruria.  Nelle 15 pagine della sentenza del collegio fallimentare si rigettano anche le eccezioni di costituzionalità sul decreto salva-banche sollevate dalla difesa dell’ultimo presidente Lorenzo Rosi, e il merito sulla mancanza dei requisiti di insolvenza. Gli avvocati di Rosi Michele Desario e Antonino Giunta hanno annunciato l’impugnazione della sentenza davanti alla Corte d’appello. I giudici che hanno esaminato il caso, Antonio Picardi e Paolo Masetti, oltre alla presidente Galantino, hanno sposato in pieno le richieste del liquidatore Giuseppe Santoni così come aveva fatto, direttamente in aula lunedì scorso, il procuratore capo Roberto Rossi. Sarà ora proprio il capo della procura aretina a chiedere altri documenti alla procura generale di Firenze sulle inchieste condotte da Rossi sul padre del ministro Maria Elena Boschi, Pierluigi, ex vicepresidente di Banca Etruria, e a dover esaminare gli atti trasmessi dal tribunale fallimentare per decidere se vi sono o meno profili di bancarotta fraudolenta. Un reato che potrebbe aggiungersi a quelli già contestati in altre inchieste ad alcuni amministratori della vecchia banca. L’apertura di quello che sarebbe il quinto fascicolo della procura su Banca Etruria sembrerebbe quasi scontata. Le consulenze da 17 milioni di euro, la liquidazione all’ex direttore generale Luca Bronchi da 1,1 milioni di euro, i premi aziendali, i fidi concessi agli imprenditori considerati vicini ai dirigenti saranno probabilmente al centro del lavoro del procuratore che, se ravviserà gli estremi per la bancarotta fraudolenta, potrebbe far confluire in tale fascicolo anche il lavoro di indagine per conflitto di interessi ancora non chiuso e che vede indagati Lorenzo Rosi e il dirigente Luciano Nataloni. Gli altri quattro filoni d’inchiesta riguardano l’ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia per il quale il 10 marzo appariranno dinanzi al Gip Anna Mario Lo Prete Giuseppe Fornasari, Luca Bronchi e il direttore centrale David Canestri; il secondo è quello delle false fatturazioni con avviso di chiusura indagini bis a carico ancora di Fornasari e Bronchi; il terzo il conflitto di interessi nel quale sono indagati Lorenzo Rosi e l’ex consigliere Luciano Nataloni; il quarto quello relativo alla truffa ai danni dei risparmiatori per le obbligazioni subordinate. Dell’ultimo cda della banca hanno fatto parte Lorenzo Rosi, presidente, vicepresidente vicario Alfredo Berni, vicepresidente Pierluigi Boschi, padre del Ministro Maria Elena, Alessandro Benocci, Claudia Bugno, Carlo Catanossi, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Anna Maria Nocentini, Andrea Orlandi,Felice Santonastaso, Claudio Salini, Ilaria Tosti. ‘La decisione del tribunale di Arezzo che ha dichiarato lo stato di insolvenza di Banca Etruria è importantissima e apre ora la strada al procedimento per bancarotta fraudolenta nei confronti degli ultimi amministratori della banca’, afferma il Codacons, pronto a costituirsi parte offesa nel procedimento, a tutela degli investitori dell’istituto di credito: ‘Offriremo inoltre assistenza legale a tutti i risparmiatori di Banca Etruria che hanno visto azzerato il valore delle proprie obbligazioni a seguito del decreto salva-banche, per costituirsi parte offesa nell’indagine e chiedere in tale contesto il risarcimento dei danni patrimoniali subiti’. Sono già più di 2000 infatti i piccoli risparmiatori di Banca Etruria, spiega il Codacons, che finora si sono rivolti al Codacons per avviare iniziative legali finalizzate ad ottenere il rimborso dei soldi persi a causa del salvataggio dell’istituto. Nella stessa giornata di oggi la prima commissione del Csm ha intanto deciso di andare avanti nell’istruttoria ed ha chiesto ulteriori atti al Procuratore generale di Firenze sulle inchieste che hanno riguardato in passato l’ex vicepresidente di Banca Etruria Pierluigi Boschi, di cui si è occupato Rossi, direttamente come pm o come capo dell’ufficio. In particolare la Commissione vuole sapere dal Pg di Firenze qual è stato l’esito di un procedimento per cui nel 2014 la Procura di Arezzo, tramite il pm Ersilia Spena, ha chiesto l’archiviazione. Si tratterebbe di un’indagine in cui era stato ipotizzato per Pierluigi Boschi un reato di natura previdenziale. La seconda richiesta di informazione e di acquisizione di atti riguarda l’inchiesta legata alla compravendita immobiliare della fattoria di Dorna, che si è conclusa con l’archiviazione per il padre del ministro in relazione ai reati di estorsione, turbativa d’asta e riciclaggio. Quando arriveranno le conclusioni la Commissione inizierà il lavoro di esame.

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