Benessere animale, nasce la coalizione contro le “bugie in etichetta”

Lo riporta un comunicato stampa dell’associazione Animalisti italiani: è nata una nuova alleanza per fermare la certificazione su base volontaria proposta dal Ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli e dal Ministro della salute Roberto Speranza.

Il Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale (SQNBA), istituito con l’articolo 224 bis del Decreto Rilancio, prevede la certificazione e l’etichettatura volontaria di prodotti di origine animale che rispettano standard superiori ai requisiti di legge.

La certificazione proposta dai Ministri, però, prevederebbe di etichettare con il claim “benessere animale” anche tutti i prodotti provenienti da scrofe in gabbia e suini che hanno subito il taglio della coda, pratica in violazione delle disposizioni contenute nella direttiva europea di protezione dei suini se effettuata in via sistematica e, quindi, illegale.

Tale certificazione garantirebbe inoltre priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR, favorendo ancora una volta gli allevamenti di tipo intensivo, invece che stimolare la transizione verso sistemi più sostenibili.

Pertanto 13 organizzazioni non governative italiane (tra le quali ENPA, Greenpeace e OIPA) hanno lanciato la “Coalizione contro le #BugieInEtichetta“, invitando tutte le associazioni e le fondazioni per la tutela dei consumatori, dei diritti dei cittadini, per l’ambiente e la trasparenza, a unirsi a questa battaglia per garantire consumi responsabili, consapevoli e soprattutto basati su informazioni non ingannevoli.

Le associazioni spiegano che l’attuale proposta per la certificazione volontaria dei prodotti suinicoli tradisce la fiducia dei consumatori, poiché non fornisce loro informazioni trasparenti sul metodo di allevamento degli animali, risultando al contrario estremamente ingannevole: se il decreto verrà approvato senza le opportune modifiche chieste dalla coalizione, infatti, chiunque sceglierà di acquistare al supermercato prodotti che recano sull’etichetta l’indicazione “benessere animale”, non avrà garanzia alcuna che gli stessi provengano soltanto da allevamenti che adottano standard superiori ai requisiti minimi di legge. Paradossalmente il rischio è anche quello di trovarsi a pagare di più per prodotti ottenuti con metodi di allevamento intensivo, esattamente gli stessi di oggi.

Si tratta dunque di criteri di certificazione che – se rimarranno invariati – tradiranno completamente la promessa che PAC e PNRR siano utilizzati per stimolare un’agricoltura più sostenibile, nella direzione segnata dal Green Deal europeo e dalla Strategia Farm to Fork, il tutto in spregio del recente voto al Parlamento europeo che ha chiesto alla Commissione di lavorare per allevamenti più sostenibili, un maggior spazio dedicato al biologico e la dismissione delle gabbie.

Piera Toppi

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