Chi lo conosce bene sa che non è tipo da organizzare megaparty con torta monumentale per spegnere 60 candeline, circondato da un coro urlante di vip, ballerine ed imbucati. E infatti Roberto Benigni, che compirà sabato 60 anni, se n’è volato in Nord Europa già da qualche giorno per concentrarsi, lontano dal trambusto e dalle inevitabili richieste di interviste, sul suo ritorno in pompa magna su Rai 1 il 17 dicembre per una serata evento a cui tiene moltissimo, che ha deciso di intitolare ‘La più bella del mondo’ e di dedicare alla Costituzione italiana. Un one man show, in cui il geniale attore proporrà alla sua maniera l’esegesi della Carta costituzionale sulla scia di quanto fatto con l’Inno di Mameli durante la terza serata del festival di Sanremo 2011, in cui il suo intervento – che mescolava i Fratelli d’Italia e il RubyGate – incollò comunque al piccolo schermo oltre 15 milioni di telespettatori. E d’altronde Roberto Remigio Benigni, nato a Castiglion Fiorentino il 27 ottobre 1952 ma cresciuto a Vergaio, vicino Prato, è uomo di record, di provocazioni e di imprese culturali coraggiose. Attore, cantante, comico, regista, sceneggiatore, intrattenitore televisivo, fra gli innumerevoli riconoscimenti ricevuti per il suo lavoro, vanta due Premi Oscar ricevuti nel 1999 come miglior attore e per il miglior film in lingua straniera per ‘La vita è bella’. Ma anche agli Oscar Benigni si distingue: è l’unico interprete maschile italiano – ed il primo non anglofono – a ricevere l’Oscar come miglior attore protagonista, recitando nel ruolo da protagonista in un film in lingua straniera, dopo quello vinto da Sophia Loren nel 1962. Nel 2007 viene, inoltre, candidato al Premio Nobel per la letteratura, principalmente per l’impegno profuso in favore della diffusione della Divina Commedia di Dante Alighieri, che negli ultimi anni diventa uno dei suoi impegni artistici maggiori con tour anche all’estero. E l’attore toscano non fa che ricevere consensi di pubblico e critica anche per la sua capacità unica di mescolare elementi d’attualità alle sue lecturae Dantis, pronto a scatenare l’ilarità della platea e ad alleggerire la lezione colta. La stoffa da monologhista teatrale, la comicità ironica e dissacrante, insieme ad una fisicità incontenibile ed un carattere gioioso e irruento, ne fanno un personaggio pubblico tra i più noti e apprezzati in Italia e nel mondo. Le sue apparizioni televisive passano spesso alla storia per la capacità di Benigni di sovvertire il clima dei programmi che lo ospitano: rimangono memorabili l’inseguimento della Carrà alla ricerca di una visione delle parti intime della conduttrice, che per fuggire tra le risate cade sul palco, e l’epiteto “Wojtilaccio” pronunciato durante il Sanremo del 1980 per apostrofare il Papa venuto dall’Est, con un’espressione tra l’irriverente e l’affettuoso, di stampo tipicamente toscano. Ma altrettanto accade con il Benigni degli esordi teatrali, musicali e cinematografici. A Firenze tra fine anni ‘60 e inizio degli anni ‘70 Benigni si avvia verso forme di spettacolo comico d’avanguardia, di scherzo popolare da strada. Poi nel ‘72 si trasferisce a Roma, dove pochi anni dopo fa un incontro fondamentale, quello con Giuseppe Bertolucci. Con lui inventa il personaggio di Cioni Mario, un contadino toscano, in gran parte autobiografico, che contiene l’ambivalenza che caratterizza anche in seguito le sue interpretazioni: da un lato, una smisurata esuberanza gestuale e soprattutto verbale; dall’altro un candore quasi infantile, una vena di surreale e malinconica poesia. Il personaggio di Cioni suscita anche grande scandalo e molti interventi censori, nella serie televisiva ‘Onda libera’ e ‘Vita da Cioni’, approdando infine al cinema nel 1977 nel film, diretto e sceneggiato dallo stesso Giuseppe Bertolucci, ‘Berlinguer ti voglio bene’. L’immagine del primo Benigni si forma dunque come personaggio scomodo e ribelle, capace di provocare sorprese e, a volte, choc. Come dimenticare, quando da simpatizzante del Partito Comunista Italiano, il 16 giugno 1983 appare a una manifestazione della Fgci a Roma, dove prende in braccio e dondola il leader Enrico Berlinguer, persona molto seria. Un fatto senza precedenti per l’epoca, quando i politici erano noti per la loro seriosità e formalità. A Roma Roberto frequenta anche Arbore, il suo giro e le sue trasmissioni ed appare nei suoi film. Ma con Bertolucci, Benigni scrive il suo primo film ‘Tu mi turbi’ (1983) e il suo primo grande successo al botteghino e di cassetta ‘Non ci resta che piangere’ (1984), che lo vede assieme anche ad un altro grande attore e regista, Massimo Troisi. Sempre tramite Giuseppe Bertolucci fa un altro incontro determinante: entra infatti in contatto con lo sceneggiatore Vincenzo Cerami, che scrive con lui i film della fase più matura della sua carriera da ‘Il piccolo diavolo’ (1988) a ‘Johnny Stecchino’ (1991), da ‘Il mostro’(1994) al film della consacrazione planetaria ‘La vita è bella’ (1997). La pellicola non solo si aggiudica due Oscar (in una notte memorabile in cui la vittoria di Roberto viene annunciata da una emozionata Sophia Loren e viene accolta da Benigni saltando sui braccioli del Kodak Theatre e sulle teste dei divi Hollywood per raggiungere il palco) ma diventa il film italiano con il maggior incasso di sempre: 31.231.984 euro. Record detenuto fino ai primi mesi del 2011 quando viene superato da ‘Che Bella Giornata’ di Checco Zalone. Gli ultimi due film da regista di Benigni ‘Pinocchio’ (2002) e ‘La tigre e la neve’ (2004) vengono ben accolti in Italia ma non ottengono un gran riscontro all’estero. Per il resto le uniche altre apparizioni cinematografiche che Benigni si è concesso nell’ultimo quindicennio sono quelle in ‘Asterix e Obelix contro Cesare’ di Claude Zidi (1999) e in ‘To Rome with Love’ di Woody Allen dell’anno scorso.
(Fonte AdnKronos)