I grillini da una parte, Beppe Grillo dall’altra. Per il momento, i parlamentari pentastellati appaiono piuttosto cauti su Elly Schlein (“Non prendiamo ordini da nessuno”). Più smaliziata invece la posizione assunta dal fondatore dei Cinque Stelle che ha colto un punto politico destinato forse a provocare sgomitate a sinistra. La possibilità che la nuova leader Pd si sovrapponga ai 5s su alcuni loro cavalli di battaglia è concreta e il comico genovese lo ha fatto capire a modo suo, rispondendo a chi nelle scorse ore gli chiedeva cosa pensasse della deputata luganese.
“Elly Schlein? Va benissimo!”, ha commentato Grillo, lasciandosi andare a una provocazione: “Dovranno dire tutte le nostre idee per andare avanti. Tutte le nostre idee devono andare avanti con altri nomi”. Grillo ha così parlato della nuova segretaria dem, che secondo alcuni potrebbe erodere consensi ai pentastellati con il proprio programma ultra-progressista. E in effetti, tra salario minimo e ipotesi di patrimoniale, l’agenda della nuova leader dem sembra strizzare l’occhio anche ai pentastellati. Il dettaglio non dev’essere sfuggito a Beppe Grillo, solitamente molto attento alle scosse d’assestamento che potrebbero riguardare la sua creatura politica.
L’accordo coi dem sarebbe quindi possibile a patto che Elly Schlein porti avanti le idee pentastellate: dal reddito di cittadinanza al salario minimo, dall’ecologismo alla refrattarietà alle grandi opere.
Rispondendo a un fan che definiva Conte “un po’ troppo democristiano” e auspicava un ritorno ai “vaffa” grillini, il comico ligure ha detto: “Eh lo so non è nato… Devi dargli un po’ di tempo. Ma guarda che sta migliorando, non era così all’inizio“.
Cita Elly Schlein anche Giorgia Meloni: “Se sei donna non ti vedono arrivare”, dice la premier riferendosi alla neosegretaria dem. I Cinque Stelle invece l’effetto Schlein l’hanno visto arrivare, eccome: prima parecchi di loro sono andati a votare alle primarie del Pd, poi si sono visti sorpassare nei sondaggi dopo le primarie. Ora languono intorno al 16%, mentre Schlein riporta i Democratici al 19%.
Grillo, pur defilato, non ha mai mancato l’occasione di indicare la scelta decisiva quando c’è stato da imboccare un bivio. Con il carisma del padre fondatore, è stato lui ad elevare l’avvocato del popolo a leader. A lui si deve lo sdoganamento del Conte 2 col ‘Pd meno elle’ che diventa alleato strategico. Lui porse ai suoi l’amaro calice di Draghi – con Berlusconi incorporato reso più digeribile dallo zuccherino della transizione ecologica. Questa volta ‘l’elevata’ è la neosegretaria del Pd. E se l’endorsment sulla Schlein è già di per sè una notizia, lo diventa ancor di più al cospetto della retrocessione di Conte: “E’ democristiano, ma è migliorato”.
Al di là della tenzone personale che ha vissuto momenti ad alta intensità polemica – quando gli diede dell’incapace e non lo voleva più alla guida del Movimento – l’uscita rivela quanto anche da quelle parti si stiano facendo i conti con una novità politica: Meloni e Schlein polarizzano il quadro riportando in auge l’asse destra-sinistra, soprattutto perché la sinistra pesca meglio alla sua sinistra.
Il cambio di marcia è registrato da Swg nell’ordine di 2,6 punti in una settimana per il Pd, mentre il Movimento 5 Stelle cala di 1,3 punti. Fin qui i numeri. Poi c’è la tenuta in Parlamento, che è anche peggio. Perché è la dinamica politica che spiega questa nuova fase di ‘odi et amo’.
La fotografia dell’aula di oggi a Montecitorio è emblematica. Del fantomatico coordinamento tra Pd e M5s, ventilato dagli staff nelle scorse ore, non c’è traccia. Neppure sulla strage di Cutro e le comunicazioni del ministro Matteo Piantedosi. La foto è quella di un Pd che si riprende la scena.
A Conte saranno fischiate le orecchie a sentire bocciata la sua politica migratoria, quella dei decreti con la firma sua accanto a quella di Salvini. Una giornata storta per l’avvocato del popolo, la seconda dopo la piazza di Firenze, dove per la prima volta da un po’ di mesi a questa parte, non si è potuto presentare come il titolare di un’opa ostile da sinistra sul Pd. In Parlamento l’avvocato del popolo assiste al dibattito in silenzio, chiamato implicitamente in causa anche dal Terzo Polo con Ettore Rosato e, senza citarlo per carità, persino dall’intervento del M5s che chiede di “abbandonare la dannatissima narrazione dei porti chiusi e del blocco navale perché non funziona”. La politica dei porti chiusi, Toninelli, Salvini… Conte I.
Schlein parla un linguaggio più simile al M5s ma è anche il potenziale alleato che ti entra in casa e verso cui non funziona la narrazione del Pd renziano, ‘colluso coi poteri’. Si può facilmente prevedere che ci sarà una controffensiva dei Cinque Stelle, e che sarà sulla guerra in Ucraina, loro detentori del monopolio pacifista, con Schlein vincolata a una posizione più articolata. Ma intanto troppi segnali inquietanti agitano il Movimento. Domenico De Masi, direttore della scuola di formazione grillina, ammette di essere uno del 22% di elettori M5s che sono andati a votare alle primarie. Oppure: il capogruppo M5s a Bologna, Max Bugani, dopo 18 anni nel Movimento entra nel Pd. Meloni sarà in Parlamento il 22 marzo in vista del prossimo consiglio europeo. In quella sede il M5s presenterà una mozione.
La sfida della nuova convivenza a sinistra con il Pd, ora, attende Conte…