Spuntano i primi due indagati nell’inchiesta condotta dalla procura di Bergamo sulla gestione del pronto soccorso di Alzano Lombardo che il 23 febbraio scorso venne chiuso e poi riaperto nel giro di tre ore dopo la scoperta dei primi due casi di Coronavirus. Lo riferisce il Corriere della Sera, precisando che “l’identità delle persone sotto inchiesta non è nota” e che per il momento “nessun dirigente e nessun medico dell’Azienda socio sanitaria territoriale di Seriate, competente su Alzano, avrebbe ricevuto al momento informazioni di garanzia”. Le accuse contestate sono epidemia colposa e omicidio colposo.
L’obiettivo degli inquirenti orobici, diretti dal procuratore facente funzione Maria Cristina Rota, è far luce su eventuali carenze e omissioni nella gestione dei primi due pazienti risultati positivi al Coronavirus da parte della direzione del pronto soccorso di Alzano. E soprattutto capire se siano state rispettate tutte le procedure e i protocolli, a partire dalla sanificazione del pronto soccorso e degli altri reparti dell’ospedale della cittadina dove a fine febbraio si sviluppo uno dei focolai lombardi dell’epidemia. Ma questo è solo uno dei tre fronti dell’inchiesta bergamasca che è anche focalizzata sul boom di morti avvenute nelle Rsa della zona e sulla mancata istituzione della zona rossa in Bassa Val Seriana e in particolare a Nembro e Alzano. Quest’ultima tranche è quella potenzialmente più rischiosa per il mondo della politica: per il momento gli inquirenti si sono limitati ad ascoltare tutti i protagonisti della vicenda come persone informate sui fatti. Prima hanno sentito i massimi esponenti della Regione Lombardia, il governatore Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Giulio Gallera, poi sono volati a Roma per ascoltare la versione del premier Giuseppe Conte, dei ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese. Le audizioni romane dei pm hanno riguardato anche il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, e il consulente del governo Walter Ricciardi.