Scorrendo l’ultimo bilancio del partito, quello chiuso il 31 dicembre del 2019, si scopre che la «locazione dell’intero anno della sede legale di Via in Lucina 17» è pari a 132mila euro, ovvero undicimila euro al mese. La cifra corrispondente al canone di locazione è prevista nella voce “spese per godimento di beni di terzi”, che grava sulle casse forziste con un ammontare complessivo di 293mila 260 euro, che risulta aumentato di quasi 52mila euro rispetto all’esercizio precedente.
Inaugurata in pompa magna nel 2013 (circa 3mila metri quadrati con un costo iniziale di affitto di 960mila euro a fronte dei 2,8 milioni annui per i 5mila metri quadrati della vecchia sede di via dell’Umiltà), San Lorenzo in Lucina ha rischiato più volte la chiusura causa conti in rosso.
La “serrata” è arrivata, infatti, nel 2015, anno orribile per le finanze di Fi e la “nuova” casa azzurra è tornata ad essere via del Plebiscito. Poi, passata la buriana, c’è stata la riapertura, ma Antonio Tajani e gli altri vertici si sono ritrovati una sede ristretta, sempre extralusso, ma rimpicciolita per mancanza di soldi: gli attuali 300 metri quadrati con una sala grande utilizzata per le conferenze stampa.
Nella sua relazione gestionale il tesoriere attuale del partito, il senatore Alfredo Messina, fa il punto della situazione sulla sede nazionale, precisando che è stata chiusa per tre mesi, durante l’emergenza Covid. «Dalla data del 10 marzo e fino al 3 maggio compreso, in ossequio alle disposizioni governative che nel corso dei mesi di marzo aprile e maggio -scrive l’amministratore nazionale- si sono susseguite numerose, la sede nazionale di Fi è rimasta completamente chiusa a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. In questo periodo sono state attivate le procedure legate allo smart working (o lavoro agile) per consentire ad alcuni collaboratori di proseguire, almeno parzialmente e per quanto possibile, il proprio lavoro presso la propria abitazione soprattutto per quello che concerne la funzione amministrativa».