Berlusconi, cala la golden share sul nuovo esecutivo. Monti: scelgo io i ministri

Silvio Berlusconi convoca i vertici del partito in piena notte per limare la strategia da adottare in vista del varo del nuovo governo. L’idea che ne esce fuori, tra mille distinguo, porterebbe a dare il via libera ad un esecutivo appoggiato dai principali partiti che siedono in parlamento ma né il Pdl né il Pd dovrebbero avere dei rappresentanti politici in un eventuale esecutivo Monti. Un governo tecnico puro, quindi. Ma con una piccola sostanziale variante. Il Pdl può e deve avere voce in capitolo sulla formazione del nuovo governo. E lo può pretendere perché i numeri a Palazzo Madama, 128 senatori consentono al Cav di essere determinante in tutte le votazioni. Berlusconi, nel vertice notturno a Palazzo Grazioli,  avrebbe ribadito la sua disponibilità ad appoggiare un governo Monti “per salvare il Paese dalla speculazione internazionale” ma “non posso svendere il partito”: il Pdl partito di maggioranza relativa, deve anche essere determinante nella stesura del programma e nella scelta della composizione dell’esecutivo. Altrimenti si aprirebbe la strada ad “un appoggio esterno”. Se è stato fatto “il passo indietro per frenare l’attacco finanziario all’Italia”, sarebbe stato il ragionamento di Berlusconi, il Pdl non può rinnegare se stesso: “non possiamo – avrebbe detto – votare misure come la patrimoniale contro cui mi sono battuto per 17 anni, per tutta la mia carriera politica”. Allo stesso tempo, il Cav avrebbe sottolineato che “le Camere non devono essere esautorate del loro ruolo e chiamate a votare provvedimenti a scatola chiusa”. Se così fosse, avrebbe osservato il Cavaliere, sarebbe meglio scioglierle. La decisione definitiva su cosa farà il Pdl dovrebbe giungere domani e sarebbe decisa dal direttivo nazionale del partito. Nel summit di ieri, da alcuni presenti, è stato contestato anche il metodo fin qui adottato: non possono essere contattati singoli rappresentanti del Pdl e invitati a fare i ministri. Non è piaciuto il totonomine che indicano alcuni ministri, Frattini, Palma, Fitto e Gelmini, riconfermati “in quota Pdl”: se qualche esponente politico del partito deve entrare nell’esecutivo Monti dovrà essere il Pdl tutto a deciderlo e non le singole persone. Un avvertimento questo diretto al Cav che, guardando anche all’orizzonte elettorale, è preoccupato a non perdere altri deputati. Ma il comportamento generale del Pdl non piace al Bersani che chiede al partito di Berlusconi di assumersi le sue responsabilità. “Non vedo come un governo possa avere credibilità in una situazione parlamentare da Vietnam. Nessuno può organizzare un Vietnam in una situazione come questa”, catechizza il segretario del Pd. Che aggiunge. “Il Pdl se non ha deciso ieri si riunisca anche stamattina, discuta e si assuma le sue responsabilità”. Pier Luigi Bersani, insomma, spinge per un impegno dalla prima ora del Pdl nel varo del nuovo esecutivo perché “noi non vogliamo governi di ribaltone o con una maggioranza risicata. Non chiediamo la grande coalizione, ma deve esserci un governo di transizione, sotto l’indicazione del presidente della Repubblica, per dare risposte credibili in un momento delicatissimo”.

Il probabile nuovo presidente del consiglio, dopo l’incontro di ieri pomeriggio al Quirinale, con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, starebbe già iniziando a lavorare a quella che potrebbe essere la sua nuova squadra e alle misure da adottare per risollevare l’economia. Sul tappeto sono state calate diverse opzioni.

Ma nella mente del professor Monti, forse anche come arma di convincimento estremo per Pd e Pdl, ci sarebbe un’ipotesi “alla Ciampi” che nel 1993 compilò la lista dei ministri senza contrattarla con i partiti andando Parlamento con un ‘prendere-o-lasciare’. Una soluzione forte, ma rischiosa. Unico dato certo giunge sempre e solo da Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato vuole fare presto perché i mercati devono avere risposte immediate: il presidente della Repubblica vorrebbe far giurare il nuovo esecutivo già lunedì 14 novembre. La tempistica prevede: dimissioni di Berlusconi sabato sera. Consultazioni domenica e incarico a fine giornata. Lista dei ministri e giuramento lunedì. Tempi ridotti all’osso, perché come ha detto Napolitano , non c’é più un minuto da perdere.

Un fatto certo è che la probabile soluzione Monti, le disponibilità politiche per un governo tecnico di larghe intese, la sua nomina a senatore a vita interpretata come una sorta di pre-incarico, hanno avuto un effetto rasserenante sulla Borsa, sui mercati e sullo spread che ha frenato la sua corsa. Ma, ha ammonito il presidente della Repubblica, non è il momento di abbassare la guardia. Di prima mattina, mentre le contrattazioni erano in pieno svolgimento, ha colto l’occasione di una conferenza pubblica sulle analogie fra il risorgimento italiano e quello finlandese per assicurare che l’Italia ha ormai imboccato la strada giusta e ce la farà. “L’Italia – ha detto – è di fronte a passaggi difficili e scelte particolarmente ardue per superare la crisi. L’Europa attende con urgenza segni importanti di assunzione di responsabilità da parte di uno dei suoi paesi fondatori. Saremo all’altezza del compito”.

 

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