Francesco Verderami sul ‘Corriere della Sera’ scrive su Berlusconi e il Quirinale: ‘L’importante non è partecipare , è vincere. Non farò mai il candidato di bandiera’, ha affermato il Cav leader impegnato più che mai a lavorare per verificare di quanti consensi gode, andando a cercare i voti tra quei ‘290 grandi elettori usciti dai gruppi parlamentari e che in tanti mi sono amici’. Ha chiamato a raccolta gli amici di una vita per un’ulteriore opera di proselitismo, incaricandoli di arrivare fin dove di persona non può andare: oltre la cortina che separa i due schieramenti, tra i nemici di un tempo. La missione è già iniziata.
Berlusconi fa sul serio e ora anche la sinistra ha mutato atteggiamento. Prima erano solo sberleffi, scrive Verderami: ‘Con lui al Colle ci sarebbero le corazziere’. Ora sono manovre di disturbo. Sul fronte giallorosso addirittura Di Maio si è proposto come consigliere del Cavaliere: ‘Se lo sentissi gli direi che Meloni e Salvini lo stanno fregando’. Ma nell’intervista alla Stampa , non ha escluso che il sogno di Berlusconi possa realizzarsi: ‘È poco probabile’. Che è tutta un’altra cosa, rispetto agli scetticismi di qualche tempo fa.
Berlusconi parte dagli alleati. Ha chiesto agli alleati lealtà con una ‘Giorgia che ha fatto il mio ministro che era giovanissima. E Matteo so io come l’ho tirato su’. Berlusconi non vuole oggi sentir parlare di ipotesi subordinate che indeboliscono l’ipotesi principale: la sua. Per questo a indispettirlo oltremisura sono state le parole di Giorgetti, secondo il quale ‘se al Quirinale non restasse Mattarella, ci andrebbe Draghi. Il Cavaliere ha visto traballare il suo castello e ha scorto i segni del tradimento. Per questo la Gelmini ha fatto subito sapere ai suoi che ‘faremmo persino la foto del nostro voto se Berlusconi si candidasse: perché Forza Italia resta casa nostra e noi non passeremo per chi lo imbroglia’.
La sortita del ministro leghista ‘non rende un buon servigio né a Draghi né al centrodestra, ed è scorretta – come ha spiegato La Russa – nei riguardi di un alleato con il quale abbiamo preso un impegno’. Giorgetti piuttosto ha aperto una porta che era semichiusa, spiega Verderami. E lo spiraglio era stato opera dei leader della Lega e di FdI. Consapevoli che – votando Draghi al Colle – avrebbero maggiori garanzie in Europa, qualora arrivassero a Palazzo Chigi. Ma Draghi è il piano B, è la subordinata del centrodestra, dove il patto era (e resta) legato al ‘rispetto della richiesta’ del Cavaliere. In attesa che sciolga la riserva: ‘Cosa che avverrà al penultimo minuto prima dell’inizio della corsa. Non dovesse avere margini per vincere, eviterebbe di partecipare’.
Giorgetti con l’intervista alla Stampa ha gettato scompiglio nella Lega. Da poco rientrato dalla sua visita negli Stati Uniti – Giorgetti ha buttato lì un pronostico quirinalizio. Due le soluzioni: confermare Sergio Mattarella ‘ancora per un anno’; oppure, ‘se questo non è possibile’, mandare al Quirinale Draghi. Che ‘potrebbe guidare il Paese, ‘dal Colle’, dando così vita a un ‘semipresidenzialismo de facto’.
‘Spiazzare’, descriverebbe lo stato d’animo di Giorgetti per l’eco suscitata dalle sue parole. Molti leghisti considerano quelle parole un attacco diretto a Salvini: ‘È già successo varie volte. Con il colloquio con il Corriere in cui il centrodestra era definito inadeguato; e con l’intervista con cui ha tirato la volata per Roma a Carlo Calenda’. Salvini lo sa e tra i parlamentari l’inquietudine è altissima per il momento delicato del partito, che sta perdendo consensi, stando ai sondaggi. Sarebbe tornato al 17%, la stessa percentuale delle Politiche 2018. Con il taglio del 30% dei parlamentari approvato da queste stesse Camere, gli eletti sarebbero una sessantina in meno degli attuali 190.
A questo punto ci sarà un momento chiave per Salvini, che è l’elezione del prossimo capo dello Stato. Che sulla carta e a parole vede un centrodestra più unito che mai, ma che è molto più insidiosa di quel che sembra; con nutritissime pattuglie di deputati uscenti in cerca d’autore. E di un seggio. Per il segretario leghista è l’unica carta al momento giocabile per confermarsi anche leader del centrodestra.
La centralità politica riacquistata da Berlusconi è un fatto. Vorrebbe intestarsi l’endorsement del candidato al Colle. E le carte da giocare le ha. Per ora i riflettori sono puntati sulle mosse del premier Draghi. Una fonte autorevole del Pd racconta di come persino Prodi stia maturando la convinzione che non ci sia alternativa a Draghi. Il centrosinistra non ha più i voti per proporre un suo candidato di coalizione e Conte ha dovuto ammettere che per il Colle ‘serve un confronto ampio anche con il centrodestra’.