Veronica Lario non ha diritto all’assegno di divorzio di 1,4 mln al mese. Lo ha deciso Corte d’Appello di Milano che ha accolto l’istanza dell’ex premier di applicare la recente sentenza sull’assegno di divorzio della Cassazione per cui conta il criterio dell’autosufficienza economica e non il tenore di vita goduto durante le nozze. Il Cavaliere aveva sostenuto che la sua ex moglie con liquidità per 16 milioni, gioielli e società immobiliari, è autosufficiente.
La Lario, quindi, dovrà restituire a Silvio Berlusconi circa 60 milioni di euro. E’ quanto si evince dal provvedimento, immediatamente esecutivo, dei giudici della Corte d’Appello di Milano in merito all’assegno di divorzio tra i due ex coniugi. Da quanto è stato riferito è stata accolta la tesi del legale di Berlusconi, Pier Filippo Giuggioli, che già prima del nuovo orientamento giurisprudenziale, poi applicato, aveva sostenuto l’autosufficienza economica di Veronica. La restituzione decorre dal marzo 2014, da quando fu dichiarato il divorzio.
Lo scorso 20 settembre il pool di avvocati della signora Lario guidati da Cristina Morelli avevano sostenuto che il nuovo orientamento sancito dalla Suprema Corte era ‘sbagliato’ e che non si doveva applicare e avevano, invece, invocato la legge sul divorzio laddove, all’articolo 5, fornisce indicazioni sull’assegno di mantenimento.
L’avvocato Pier Filippo Giuggioli ha, invece, insistito ritenendo che la ex moglie di Berlusconi, a prescindere dalla sentenza della Cassazione Grilli-Lowenstein di cui comunque aveva chiesto l’applicazione, non avesse diritto agli alimenti in quanto ha liquidità per 16 milioni (come e’ spiegato nella sentenza di separazione del Tribunale del dicembre 2012), gioielli ed è socia unica della immobiliare ‘Il Poggio’ che ha patrimonio di 78 milioni.
Veronica Lario, per i tre anni della separazione, ha ricevuto dall’ex premier un assegno mensile di 2 milioni. Assegno che inizialmente era di tre ma che poi è stato ridotto sempre in appello a Milano con conferma della Suprema Corte.
I NUOVI PARAMETRI
Ecco i principali indici – forniti dal verdetto 11504 della Cassazione sull’assegno di divorzio – per accertare la sussistenza, o meno, “dell’indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno e quindi l’adeguatezza, o meno, dei ‘mezzi’, nonchè la possibilità, o meno, per ragioni oggettive, di procurarseli. Sono quattro:
1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;
2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri ‘lato sensu’ imposti e del costo della vita nel luogo di residenza, inteso come dimora abituale, della persona che richiede l’assegno;
3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro indipendente o autonomo;
4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione”.
Tocca all’ex coniuge che chiede l’assegno, allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive. Tale onere probatorio – spiega la Cassazione – ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell’indipendenza economica, e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo ex coniuge, restando fermo, ovviamente il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’altro ex coniuge al quale l’assegno è chiesto.
In particolare, prosegue la Suprema Corte, mentre il possesso di redditi e cespiti patrimoniali formerà oggetto di prove documentali, soprattutto le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale formeranno oggetto di prova che può essere data con ogni mezzo idoneo, anche di natura presuntiva, fermo restando l’onere del richiedente l’assegno di allegare specificamente (e provare in caso di contestazione) le concrete iniziative iniziative assunte per il raggiungimento dell’indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative.