MILANO. “Come padre non vuole che il proprio figlio venga condannato” quindi ha ritirato la querela sporta nei confronti del primogenito che lo ha fatto finire sotto processo per diffamazione. Si è concluso così uno dei capitoli della saga della famiglia Caprotti, con il padre Bernardo, patron del gruppo Esselunga, che aveva denunciato il figlio Giuseppe e che questa mattina in Tribunale ha Milano ha rinunciato a proseguire la querelle in un’aula di giustizia. Giuseppe Caprotti era stato rinviato a giudizio con citazione diretta dal pm milanese Luca Gaglio. L’accusa era di diffamazione a mezzo internet nei confronti del genitore. Secondo il capo d’imputazione il figlio del patron del colosso della grande distribuzione, nel giugno del 2013, aveva riportato sul proprio blog un’intervista da lui rilasciata qualche mese prima intitolata: Tutto su mio padre. Nell’articolo, l’erede Caprotti aveva raccontato, attribuendoli a Bernardo, due episodi ora giudicati non veri e “altamente lesivi della sua dignità personale”. In particolare, si legge sempre nel capo d’imputazione, “affermava che il padre, dopo la sua assunzione in Esselunga, lo aveva fatto sottoporre a una perizia psichiatrica e che in occasione di un dissidio tra i suoi fratelli Guido e Claudio e la madre Marianne, iniziò a spingere sua nonna per le spalle e la buttò letteralmente fuori casa, nonostante lei cercasse di resistere. Il clima diventò pesantissimo e lei fu costretta a trasferirsi da alcuni conoscenti”. I giudici hanno emesso sentenza di non luogo a procedere per Giuseppe Caprotti dopo il ritiro della querela.