Biden in Polonia irrita il Cremlino. Poseidon, l’arma finale di Putin

La guerra in Ucraina è sicuramente in continuo svolgimento e il rischio di dover fare i conti con una escalation mondiale è importante. La speranza è naturalmente quella di non dover fare i conti con l’uso di armi ‘finali’ ma tutto dipenderà da come si svilupperà questo conflitto anche dal punto di vista degli interventi dell’Occidente.

Non è stata indolore, per le diplomazie, la visita del presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Polonia. A Varsavia, il numero uno degli Usa ha visto il premier polacco Mateusz Morawiecki e i ministri della Difesa e degli Esteri, Mariusz Błaszczak e Zbigniew Rau.

Quindi si è recato davanti al Castello Reale nell’old town (il centro storico) di Varsavia, distrutto dai nazisti e ricostruito uguale dai polacchi, dove ha tenuto un discorso di fuoco, durante il quale si è rivolto a Putin con appellativi tutt’altro che lusinghieri, al punto che le sue parole hanno sollecitato la risposta stizzita del Cremlino.

“La Russia sta strangolando la democrazia e vuole farlo non solo in casa sua. Prepariamoci ad una lunga battaglia per la libertà“. Il presidente americano ha poi continuato: “Non ci sono giustificazioni per l’invasione dell’Ucraina”, alludendo ai “decenni di guerra” ai quali le azioni della Russia potrebbero condurre.

“L’Occidente è più forte e più unito che mai – continua l’americano – non c’è dubbio che questa guerra è già un fallimento strategico per la Russia“. La colpa? “È solo di Vladimir Putin” che “non deve neanche pensare” a sfiorare il territorio di uno dei trenta paesi della Nato.

“Voi non siete il nostro nemico”, ha poi incalzato Biden, rivolto alla popolazione russa. “Putin vi ha tagliato dal mondo – ha proseguito – Putin può e deve finire questa guerra. Voi non siete così, non è il futuro che meritate. Putin sta riportando la Russia al XIX secolo””

“Per amor di Dio, quest’uomo non può restare al potere“, è stato uno dei passaggi chiave del capo di stato a stelle e strisce. Forse un riferimento è sia al cambio di regime in Russia che le democrazie occidentali non fanno mistero di desiderare? O alle voci di golpe che si sono rincorse negli ultimi giorni? A riguardo la Casa Bianca ha deciso di fare chiarezza.

“Non abbiate paura. Un dittatore che vuole ricostruire un impero non cancellerà mai l’amore della gente per la libertà“. E ancora “Un criminale vuole dipingere l’allargamento Nato come un progetto imperialista che punta a destabilizzare la Russia. Niente di più lontano dalla verità. La Nato è un’alleanza difensiva”. Poi, riferendosi alle sanzioni: “È Putin, è Vladimir Putin quello da incolpare. Punto”.

Non si è fatta attendere la risposta del Cremlino, che, tramite il portavoce Dmitry Peskov, ha sottolineato il passaggio in cui l’inquilino della Casa Bianca ha auspicato un cambio di regime in Russia: “Non è qualcosa che decide Biden. È solo una scelta dei cittadini della Federazione Russa“.

All’indirizzo del Cremlino, arriva il chiarimento da Washington, per spiegare che Biden “non stava parlando di un cambio di regime in Russia”.

“Il punto del presidente era che a Putin non può essere concesso di esercitare potere sui vicini e sulla regione. Non stava parlando di Putin al potere in Russia, o di un cambio di regime”.

In realtà, anche dalle parole di Biden si coglie che la risposta dell’Occidente sarà guerrafondaia, come è già ben noto dai movimenti e spostamento di armi da una parte all’altra del globo.

La guerra in Ucraina è sicuramente in continuo svolgimento e il rischio di dover fare i conti con una escalation mondiale è importante. La speranza è naturalmente quella di non dover fare i conti con l’uso di armi ‘finali’ ma tutto dipenderà da come si svilupperà questo conflitto anche dal punto di vista degli interventi dell’Occidente.

Non è stata indolore, per le diplomazie, la visita del presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Polonia. A Varsavia, il numero uno degli Usa ha visto il premier polacco Mateusz Morawiecki e i ministri della Difesa e degli Esteri, Mariusz Błaszczak e Zbigniew Rau.

Quindi si è recato davanti al Castello Reale nell’old town (il centro storico) di Varsavia, distrutto dai nazisti e ricostruito uguale dai polacchi, dove ha tenuto un discorso di fuoco, durante il quale si è rivolto a Putin con appellativi tutt’altro che lusinghieri, al punto che le sue parole hanno sollecitato la risposta stizzita del Cremlino.

“La Russia sta strangolando la democrazia e vuole farlo non solo in casa sua. Prepariamoci ad una lunga battaglia per la libertà“. Il presidente americano ha poi continuato: “Non ci sono giustificazioni per l’invasione dell’Ucraina”, alludendo ai “decenni di guerra” ai quali le azioni della Russia potrebbero condurre.

“L’Occidente è più forte e più unito che mai – continua l’americano – non c’è dubbio che questa guerra è già un fallimento strategico per la Russia“. La colpa? “È solo di Vladimir Putin” che “non deve neanche pensare” a sfiorare il territorio di uno dei trenta paesi della Nato.

“Voi non siete il nostro nemico”, ha poi incalzato Biden, rivolto alla popolazione russa. “Putin vi ha tagliato dal mondo – ha proseguito – Putin può e deve finire questa guerra. Voi non siete così, non è il futuro che meritate. Putin sta riportando la Russia al XIX secolo””

“Per amor di Dio, quest’uomo non può restare al potere“, è stato uno dei passaggi chiave del capo di stato a stelle e strisce. Forse un riferimento è sia al cambio di regime in Russia che le democrazie occidentali non fanno mistero di desiderare? O alle voci di golpe che si sono rincorse negli ultimi giorni? A riguardo la Casa Bianca ha deciso di fare chiarezza.

“Non abbiate paura. Un dittatore che vuole ricostruire un impero non cancellerà mai l’amore della gente per la libertà“. E ancora “Un criminale vuole dipingere l’allargamento Nato come un progetto imperialista che punta a destabilizzare la Russia. Niente di più lontano dalla verità. La Nato è un’alleanza difensiva”. Poi, riferendosi alle sanzioni: “È Putin, è Vladimir Putin quello da incolpare. Punto”.

Non si è fatta attendere la risposta del Cremlino, che, tramite il portavoce Dmitry Peskov, ha sottolineato il passaggio in cui l’inquilino della Casa Bianca ha auspicato un cambio di regime in Russia: “Non è qualcosa che decide Biden. È solo una scelta dei cittadini della Federazione Russa“.

All’indirizzo del Cremlino, arriva il chiarimento da Washington, per spiegare che Biden “non stava parlando di un cambio di regime in Russia”.

“Il punto del presidente era che a Putin non può essere concesso di esercitare potere sui vicini e sulla regione. Non stava parlando di Putin al potere in Russia, o di un cambio di regime”.

In realtà, anche dalle parole di Biden si coglie che la risposta dell’Occidente sarà guerrafondaia, come è già ben noto dai movimenti e spostamento di armi da una parte all’altra del globo.

La guerra potrebbe arrivare anche in Italia: ne è convinto Alexander Rodnyansky, consigliere del presidente ucraino Zelensky e negoziatore per l’Ucraina. Il peggio, però, si può evitare a una condizione: “Inviare armi all’Ucraina”.

“Con l’escalation della guerra il regime russo ha rivelato la sua vera natura di regime dittatoriale che vede la guerra come unica soluzione, quindi chi dice che non bisogna inviare armi all’Ucraina deve capire che in questo momento questo significa solo che un giorno ci sarà la guerra in Italia“, ha spiegato.

“È impossibile convivere fianco a fianco con questo regime dittatoriale, perché sarebbe una costante minaccia alla pace e alla prosperità”, ha aggiunto.

Secondo Rodnyansky “tutte le prove sembrano suggerire che il popolo russo sia alle spalle di questa guerra. Solo una minoranza non crede alla propaganda russa, da 20 anni subiscono un lavaggio del cervello e non sanno che la guerra ci sia oppure sono convinti che ci sia un regime nazista in Ucraina”.

“Il nostro obiettivo – ha poi spiegato – è fermare la guerra, noi non parliamo di cambiamento di regime, anche se é probabile che le due cose corrispondano perché Putin si é messo in un angolo”.

Intanto, continuano i colloqui tra Russia e Ucraina: “Non si sono fermati i negoziati, ma sicuramente ci sono stati dei rallentamenti – ha sottolineato il consigliere di Zelensky -. I russi dicono di essere interessati alla pace, ma non lo sono. Cercano di dare questa idea all’Occidente per evitare nuove sanzioni. Sicuramente noi non cederemo nessun territorio, questo é fuori dal tavolo. Possiamo accettare la questione della neutralità”.

“Sono venuto a Berlino per ottenere maggiore sostegno da parte dell’Europa e degli Stati Uniti – ha dichiarato ancora -. Abbiamo bisogno di armi offensive per riconquistare i territori occupati. E poi abbiamo bisogno che l’Unione europea ci aiuti dando fine ai flussi di denaro verso la Russia per acquistarne il gas“.

“Da una parte la Russia partecipa ai negoziati di pace, dall’altra prepara un’escalation militare – ha concluso Rodnyansky – Quindi sì, c’è un’alta probabilità che i negoziati di pace falliscano. Per non farli fallire, dovete mettere la Russia nelle condizioni che non possa proseguire la guerra”.

Parlavamo in apertura di armi finali.  L’arma finale di Putin si chiama Poseidon. Secondo quanto riferito da Today.it, il presidente della Russia per distruggere definitivamente un Paese potrebbe utilizzare questo sottomarino armato con testata nucleare capace di generare tsunami alti 100 metri e scagliarli contro il nemico.

Insomma si tratta di un’arma che ha la capacità di radere al suolo un’intera città e naturalmente la speranza è quella di non utilizzarla in futuro. Ma si tratta di potenzialità che spaventano e non poco gli altri Paesi considerando che il rischio di un conflitto mondiale è alto.

Poseidon, come detto, è un sottomarino di circa 2 metri di lunghezza e ben 100 tonnellate. Si tratta di un gigante che può distruggere un’intera città vista la sua capacità di generale onde anomale dell’altezza di 100 metri e scagliarle contro il paese nel mirino.

Si tratta di un progetto che ha preso piede nel 2015 e si è concluso tre anni dopo. Naturalmente, come detto, è una vera e propria arma finale e, almeno fino a questo momento, non sembrano esserci rischi di un suo utilizzo. Naturalmente l’attenzione resta alta e non possiamo escludere in futuro l’entrata in campo di queste armi.

La guerra tra Russia e Ucraina e la crescente tensione internazionale hanno ridestato la preoccupazione per il possibile utilizzo delle armi nucleari. Tra le nazioni che, all’interno del loro territorio, ospitano bombe atomiche c’è anche l’Italia.

Pur non avendo armi atomiche proprie, l’Italia ospita alcuni ordigni in quanto membro della Nato (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord), nell’ambito del programma di condivisione delle deterrenza nucleare dell’Alleanza.

Le bombe atomiche sono ritenute dalla Nato una componente centrale per quanto riguarda la sua capacità di deterrenza e difesa. Secondo l’Alleanza, infatti, mantenere bombe atomiche ha lo scopo di proteggere la pace, prevenire le minacce e dissuadere altre nazioni da eventuali aggressioni contro i Paesi membri.

La Nato ha chiarito che le circostanze in cui l’Alleanza potrebbe usare effettivamente le armi nucleari sono “estremamente remote”. Ciò detto, qualora la sicurezza di uno dei Paesi che fanno parte del Patto atlantico dovesse essere minacciata, “la NATO ha la capacità e la risolutezza di imporre costi sull’avversario che sarebbero insopportabili e che supererebbero di molto i benefici che qualunque nemico possa sperare di ottenere”.

A disporre di armi nucleari all’interno della Nato sono gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito e la Francia. La deterrenza atomica dell’Alleanza, però, come detto, è basata anche sulla condivisione nucleare degli Usa nel territorio europeo e in questo ambito, tra chi ospita gli ordini atomici degli Stati Uniti, c’è anche l’Italia.

Le bombe atomiche degli Stati Uniti d’America presenti in Italia, così come del resto anche quelle che si trovano negli altri Paesi europei che partecipano al programma di condivisione della Nato, sono sotto l’assoluto controllo e custodia degli Usa. L’Italia e tutti gli altri Paesi che ospitano gli ordigni nucleari, pertanto, non hanno possibilità di utilizzarle. Il loro ruolo è, invece, quello di assicurare un supporto militare con aerei a “duplice capacità”, cioè in grado di poter trasportare armi convenzionali e armi atomiche.

Secondo la Nato, “la condivisione nucleare gioca un ruolo vitale nelle interconnessioni dell’Alleanza e resta una delle componenti vitali delle garanzie di sicurezza dell’area euro-atlantica”.

Per evidenti motivi di sicurezza, la Nato non ha mai comunicato ufficialmente quante sono le bombe atomiche presenti nei vari Paesi dell’Alleanza e, tantomeno, la loro precisa localizzazione. Diverse inchieste giornalistiche, però, hanno cercato nel tempo di far luce su questo aspetto.

Secondo varie ricostruzioni di stampa, come riportato da ‘Sky Tg 24’, il numero di bombe atomiche presenti in Italia sarebbe compreso tra le 70 e le 90 unità.

L’Italia dispone di molti rifugi antiatomici e sempre in Italia ci sono diverse basi Nato e americane, ma stando a quanto riferito da ‘Il Messaggero’, le basi presenti nel nostro Paese che ospitano effettivamente le bombe atomiche sono solo 2 e, nello specifico, quella di Aviano, vicino a Pordenone in Friuli Venezia Giulia, e quella di Ghedi, in provincia di Brescia in Lombardia.

La base di Aviano  si trova ai piedi delle Prealpi Carniche, a circa 15 chilometri a nord di Pordenone. La base di Ghedi si trova a 5 chilometri di distanza dal comune lombardo e circa 25 km a sud della città di Brescia.

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