Scampia, oltre 100 arresti, fermato figlio del latitante Di Lauro e agente di polizia

Scacco matto al clan di Lauro da parte dei carabinieri di Napoli. Ancora una volta balza alla cronaca Scampia, la ‘Terra di nessuno’ o meglio la terra della camorra. I militari, alle prime luci dell’alba, hanno arrestato oltre 100 persone ritenute affiliate alla cosca criminale. Tra gli arrestati ci sono anche stretti favoreggiatori del capo clan, il latitante Marco Di Lauro.

I reati per gli indagati sono di associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, tentato omicidio e detenzione di armi, tutti aggravati da finalità mafiosa. Nel mirino degli inquirenti c’è il traffico di cocaina proveniente dalla Spagna grazie al quale i Di Lauro, nel corso degli anni, hanno potuto far valere la loro forza nelle piazze di spaccio di Scampia.

Ma oltre al blitz, le Forze Dell’ordine hanno potuto ‘festeggiare’ anche l’arresto del 19enne Raffaele Di Lauro, figlio del boss pentito Paolo, detto ‘Ciruzzo o milionario’. Il giovane è stato catturato su una nave da crociera al largo delle coste siciliane. Raffaele Di Lauro, uno dei sette figli del capoclan in carcere in regime di 41bis, era in compagnia della fidanzata alla quale aveva regalato la vacanza da circa 10mila euro, pagata con le attività illecite, per festeggiare il compleanno. I militari hanno sorpreso i due mentre a bordo della nave che è stata fatta fermare nei pressi dello stretto di Messina. Al 19enne viene contestata l’associazione di tipo mafioso, reato commesso quando era minorenne. In manette anche numerosi fiancheggiatori del latitante Marco Di Lauro, altro figlio di Paolo, considerato l’attuale capo del clan. Gli arresti sono stati eseguiti sia nel capoluogo campano che in altre zone d’Italia.

Il retroscena. Per 200 euro a settimana ha macchiato la sua divisa di agente di polizia municipale, rivelando a due affiliati al clan Di Lauro che i carabinieri del Ros avevano installato due telecamere per riprendere tutte le fasi dello spaccio di droga. Adesso è indagato per corruzione in concorso con Salvatore Stornaiuolo, uno dei capipiazza della cosca di Paolo Di Lauro, ‘Ciruzzo o milionario’. Il pagamento dell’assistente capo, distaccato presso la Municipalità del rione dei Fiori, roccaforte del clan, era annotato su un block notes ritrovato il 18 giugno del 2010 a casa di Angelo Zimbetti, uno degli affiliati alla cosca. Nel febbraio del 2005 i militari riuscirono ad installare negli uffici del servizio amministrativo comunale di Secondigliano, una telecamere occultata all’interno di un condizionatore d’aria in grado di riprendere la zona antistante il bar ‘Rispoli’, luogo abituale di ritrovo dei fedelissimi di Di Lauro. Dopo pochi giorni la telecamera fu distrutta. Da una conversazione intercettata il 24 febbraio del 2005 all’interno di un’Alfa Romeo, Antonio Buono, anche lui affiliato ai Di Lauro, raccontava alla moglie e alla figlia, di quella telecamera. Fu poi il pentito Carlo Capasso, il 23 giugno, a raccontare del ‘regalo al vigile’, perché stipendiato dal clan. L’uomo in divisa aveva il compito di segnalare all’organizzazione criminale ogni iniziativa delle forze dell’ordine. “L’informazione la diede direttamente al boss Giuseppe Pica il quale incaricò Damiano Loffredo e Salvatore Stornaiuolo per la rimozione della telecamera. Gennaro il vigile fu pagato direttamente da Pica”, ha detto Carlo Capasso. Altre informazioni rese dal vigile riguardavano la rivlazione delle richieste di da anagrafici inoltrate all’ufficio municipale dalla polizia giudiziaria di alcuni affiliati. Con gratifiche ‘extra’ forniva anche certificati e false attestazioni. Infine, circostanza ancora più inquietante, raccontata sempre dal pentito Capasso, riguarda il ruolo del vigile infedele nella fase delle minacce del figlio di un pregiudicato assassinato al parco acquatico Magic Worl. “Fu ‘Gennaro il vigile’ a rintracciare il ragazzino che fu minacciato e indotto a non raccontare in aula la verità sull’agguato costato la vita al padre”,  ha affermato il pentito.

Un’azienda perfetta e mai in crisi con un sistema collaudato e gestito direttamente dai capoclan. In cassa al mese 1,6 milioni di euro al netto delle spese per la gestione di una ‘piazza’ di droga. Sono questi i conti del clan Di Lauro, una delle cosche più ricche della Campania che ha fatto dello spaccio di sostanze stupefacenti al rione dei Fiori a Secondigliano e poi in tutta l’area Nord, l’unica entrata. I militari durante un sequestro avvenuto nell’abitazione del cassiere della cosca hanno rinvenuto 200 block notes. In uno dei quadernisi è scoperto che nella sola giornata del 16 giugno di tre anni fa, la rete di spacciatori era riuscita a collocare sul mercato 11498 dosi di cocaina e kobrett per un ricavo di 40mila euro. Una parte delle entrate, sostiene il gip Raffaele Piccirillo, finanziavano tutte le spese della cosca: gli avvocati, l’acquisto delle armi e delle munizioni, la corruzione, il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, le ‘settimane’ per i killer, guardaspalle, sorveglianti armati, per i meccanici che riparavano le decine di auto di ‘servizio’, i rimborsi per i prestanome di garage e depositi dove veniva stoccata la droga, il pagamento ai figli dei Di Lauro per le loro spese ‘personali’.

 

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