“Bologna, solo andata”, storia di un adolescente nato in una terra di camorra

Da una terra difficile e martoriata un romanzo autobiografico che parla di speranza e di riscatto. È “Bologna, solo andata”, il romanzo di esordio di Romolo Mosca, appena pubblicato da Albatros edizioni nella collana “NuoveVoci”.

Il racconto, quasi del tutto autobiografico, è ambientato a Casal di Principe poi a Bologna e infine a Firenze.

L’autore, imprenditore sessantenne, ripercorre nel libro la propria storia. Il filo dei ricordi si riannoda nel 1999 durante una degenza all’ospedale Umberto I di Roma. La sua vicenda, per motivi che risulteranno chiari dal prosieguo della lettura, è stata romanzata per evitare riferimenti precisi a persone o situazioni realmente esistite.

Casal di Principe, anni Settanta. Il protagonista Romolo vive l’adolescenza negli anni in cui la faida tra il clan dei casalesi e la Nuova Camorra Organizzata insanguina la città. La mancanza di alternative, i vincoli amicali e parentali, i condizionamenti ambientali, le facilitazioni e i favori derivanti dall’affiliazione camorristica, le vite lussuose dei boss spingono molti giovani tra le braccia dei clan. Alcuni suoi amici d’infanzia diventeranno protagonisti della storia criminale del territorio. Altri  rimarranno semplici gregari delle organizzazioni criminali, assoldati dai clan. Il loro destino è già segnato: il carcere o la morte in un agguato.  Eppure, per quei giovani, cresciuti a contatto con gli ambienti malavitosi, è difficile sottrarsi all’orbita gravitazionale dei clan camorristici.

Ciò non vale per il protagonista che a 16 anni decide di lasciarsi alle spalle quella triste realtà e di riscrivere il proprio destino lontano dalla sua terra d’origine. Lo fa, grazie ad una frase ascoltata inun film: “Quando sembra che non hai scampo al tuo destino solo il tuo coraggio ti salverà”

Un biglietto di sola andata per Bologna è il suo passaporto per una nuova vita. Nel cammino alla ricerca di un riscatto personale e professionale, tra cotte giovanili, il grande amore ed esperienze lavorative, approderà dalla città meneghina a Figline Valdarno dove col tempo si affermerà come imprenditore.
L’autore, attraverso le pagine del libro, offre al lettore un modello di riscatto possibile, attraverso il rifiuto delle logiche camorristiche e le scelte coraggiose che gli hanno consentito di costruire la propria
esistenza su basi di onestà e legalità, capacità di sacrificio e amore per il proprio lavoro. Un messaggio di ottimismo e di speranza, sostanziato di pragmatismo, di esperienza vissuta e di concretezza,
scritto per “salvare” i giovani da possibili scelte sbagliate.

La scelta etica forte è presente fin dalle prime pagine del racconto, fin dall’inizio funestato da episodi cruenti. Alcuni giovani amici con cui Romolo ha condiviso l’esperienza giovanile rimangono invischiati nella rete della criminalità. I loro nomi sono presenti nelle cronache giornalistiche di quegli anni.

Emerge anche l’intreccio spesso molto stretto tra le vite di chi ha scelto la legalità, come la famiglia del protagonista e chi invece è spesso costretto a cedere ad altre logiche. Per costoro, molto spesso, il destino è segnato: o la morte, anche giovanissimi, in uno dei tanti agguati della guerra di camorra di quegli anni, o il carcere. Significativo, un episodio che sembra scorrere accanto agli altri, senza troppo clamore: l’incontro tra la madre ed un boss, che si reca a salutarla nella sua abitazione. La madre lo aveva cresciuto da bambino. Ora però lui è diventato uno dei capi del clan: lei lo tratta con rispetto e sobrietà, ma traccia subito una netta linea di demarcazione, non permettendogli di entrare in casa e rifiutando, con tatto, la sua disponibilità ad eventuali favori.

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