‘Non è stato un infortunio grave, a fermarlo sono stati i crampi che gli sono venuti alla gamba sinistra’. A spiegare cosa sia successo a Usain Bolt durante la finale mondiale della staffetta 4X100, la sua ultima gara, è stato il medico della nazionale giamaicana Kevin Jones.
Il dolore? Usain ne ha sentito tanto per la delusione di aver finito in quel modo, e per aver perso – ha detto ancora il medico della Giamaica -. Le ultime tre settimane per lui sono state molto dure, e noi lo sapevamo. Ora gli auguriamo il meglio.
E’ la serata delle stelle cadenti, come se a Londra fosse ancora San Lorenzo. Usain Bolt chiude la carriera nel più amaro dei modi, con un infortunio muscolare che lo blocca mentre sta tentando una difficile rimonta nella finale mondiale della staffetta 4X100. Il boato di delusione del pubblico è la colonna sonora dell’ultima gara della leggenda della Giamaica, che finisce a terra con una smorfia di dolore sul viso. Vederlo così fa male, e lo testimonia proprio la gente che riempie lo stadio olimpico: l’oro lo vince la Gran Bretagna, quindi il quartetto di casa, ma esultano solo gli atleti in pista: la gente rimane con il fiato sospeso perché quello di Bolt è un dramma sportivo. Uno come il Lampo non meritava un addio da sprinter come questo, e meno male che alla fine riesce ad alzarsi e non esce di pista in barella. Per una volta non sorride, è deluso e si vede, non potrebbe essere altrimenti. Le lacrime no, non appartengono al suo modo di fare, almeno da atleta, mentre il protagonista di un’altra recita amara di questa sera oggi non non ce l’ha fatta a non piangere. E’ Mo Farah, l’altro grande sconfitto in questa serata, la penultima di Londra 2017.
Anche lui ha chiuso, perlomeno sulla pista visto che si dedicherà alla maratona, e avrebbe voluto congedarsi con un altro oro, l’ennesimo di una carriera che hanno provato a rovinargli con certi sospetti. Invece oggi, sui 5000, si è fatto imbottigliare dagli etiopi, e alla fine uno di loro, Edris, lo ha bruciato ‘costringendolo’ all’argento, lui che non perdeva una finale da Daegu 2011. Da qui le lacrime di delusione scese sul suo viso mentre stava, anche lui, sdraiato sulla pista, da eroe sconfitto. ‘Ma di più non potevo fare, ho dato tutto’, ha mormorato dopo il pianto e prima di fare un giro in pista a base di selfie e autografi per la gente di Londra che tanto lo ama. Per Bolt invece niente medaglia, più o meno nobile, ma solo moltissima amarezza, e una figura da dimenticare in fretta. Adesso si dirà che probabilmente avrebbe dovuto smettere un anno fa, dopo i trionfi di Rio, e quindi chiudere in bellezza. Invece, anche per le pressioni di qualche sponsor, ha deciso di regalare un anno in più ai suoi tifosi e adesso fa male vederlo a terra, come fosse un pugile che ha appena incassato un dolorosissimo Ko. Non aveva più stimoli, e lo aveva anche detto, ed è probabile che quest’anno non si sia allenato a dovere, come in quelli passati, perché nella sua testa qualcosa si era già spento. A farlo tornare imbattibile non gli è servita la ‘clausura’ di questi suoi ultimi giorni londinesi, adesso è un ex che non ha chiuso da vincente. Il suo infortunio all’ultima gara manda in fumo l’ultima volata del più grande campione dell’atletica moderna.
Bolt si ferma sulla soglia della dodicesima medaglia iridata, subito dopo essersi lanciato all’inseguimento dell’americano Coleman, che stabilsice a sua volta l’incredibile record di aver battuto due volte Bolt perdendo. Lo supera negli ultimi dieci metri, nel boato di uno stadio sconvolto, il britannico Nethaneel Mitchell-Blake, che porta la Gran Bretagna all’oro per la prima volta. Quanto a Bolt, rimarrà primo nei cuori della gente, nulla lo ha fatto capire più dell’esultanza ‘al minimo’ del pubblico, troppo preoccupato e deluso per lui, per l’oro della staffetta britannica. Ma è stato comunque bello esserci, aver vissuto all’epoca di Bolt ed esserselo goduto mentre correva e stabiliva record. Chi non lo ha visto non capirà mai abbastanza cosa si è perso, e il suo ritiro è una botta micidiale per l’atletica.