Bonifica Amianto: sempre meno discariche

Secondo gli ultimi dati diffusi, questa sostanza continuerà a mietere vittime per altri 130 anni e le necessarie bonifiche non termineranno prima del 2102. Come siamo arrivati a questi numeri se l’amianto è stato messo al bando ormai 25 anni fa?

A spiegarlo è la testata greenreport.it dove vengono riportati i dati Ispra, che al tema dedica un focus specificogiunto alla sua XVI Edizione sui rifiuti speciali.

“Di amianto si continua e purtroppo si continuerà a morire per i prossimi 130 anni – dichiara amaramente Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) – considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni. Ecco perché occorre bonificare al più presto le 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo che sono disseminate nell’intero nostro territorio nazionale”.

Come ricorda infatti l’Ona durante la conferenza “Italia: la Repubblica dell’amianto”, le quantità di amianto e di materiali contenenti amianto sono pari a circa 40 milioni di tonnellate (32 secondo le stime CNR-Inail), di cui 34 milioni a matrice compatta e circa 6 milioni in matrice friabile, con circa 50mila siti e 1 milione di micrositi: più di 3milioni sono stati i lavoratori esposti all’amianto nel corso dei decenni ed ancora oggi ci sono centinaia di migliaia di cittadini esposti e quindi il rischio di contrarre patologie asbesto-correlate non può dirsi circoscritto.

Il risultato è che, oggi, solo in Italia sono più di 6.000 coloro che perdono la vita ogni anno per malattie amianto correlate (mesotelioma pleurico, alla tunica vaginale del testicolo, al pericardio e al peritoneo; cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon e al retto, alle ovaie, etc., e per patologie fibrotiche, tra le quali asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici e loro complicanze cardiocircolatorie), cui si aggiungono decine di migliaia di nuovi malati.

I ritmi di questa «non eliminazione» sono più che blandi. Ad oggi, le stime sulla presenza di amianto nel Paese oscillano tra le 32 e le 40 milioni di tonnellate, ma le bonifiche scarseggiano. «I rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nell’anno 2015, sono pari a 369 mila tonnellate», dettaglia l’Ispra, mentre quelli effettivamente smaltiti nell’anno sono ancora meno,  pari «a 227 mila tonnellate», il 54,2% delle quali «viene smaltito al Nord, il 29,5% al Centro e 16,3% al Sud».

Dal 2014 al 2015 un timido segnale di miglioramento è avvenuto: la quota smaltita di rifiuti contenenti amianto è aumentata del 16,9%, con Lombardia e Toscana a rappresentare le regioni più virtuose: entrambe con circa 60mila tonnellate smaltite nel 2015 (sebbene, a confronto con il 2014, in Lombardia la quantità smaltita è aumentata del 47,3%, mentre in Toscana è diminuita del 19,6%). Per sommo paradosso, però, a fronte di un piccolo passo avanti ne è stato segnato uno all’indietro su un fronte già critico, ovvero la cronica mancanza degli impianti sul territorio necessari a smaltire in sicurezza l’amianto.

Sempre secondo quanto riportato dal sito greenreport.it adesso le discariche adatte a gestire la messa in sicurezza dell’amianto sono solo 21 per tutto il Paese (17 classificate come discariche per rifiuti non pericolosi e 4 per rifiuti pericolosi), 9 delle quali al Sud, 7 al Nord e 5 al Centro. Pochissimi impianti dunque, e ancor meno volumetrie libere: «In particolare, per 12 impianti su 21 il volume totale autorizzato per le sole celle dedicate/monodedicate all’amianto, risulta pari a circa 2,5 milioni di mc, mentre la capacità residua al 31/12/2015, disponibile per 9 impianti su 21, è pari a circa 740 mila mc». Non è un caso dunque se nel 2015 sono state esportate ben 145mila tonnellate di rifiuti contenti amianto italiano, dirette quasi tutte nella civilissima Germania, pronta ad accoglierle – profumatamente pagate – nelle proprie miniere dismesse.

A 25 anni dal bando, è imprescindibile capire che siamo di fronte a una scelta: bonificare e gestire in sicurezza l’amianto tramite risorse e impianti adeguati, oppure continuare pericolosamente a conviverci.

Un pericolo in cui siamo tutti coinvolti, come ricorda l’Ispra dettagliando alcuni settori e impieghi dove in passato «si è fatto largo utilizzo di questo minerale». Nell’industria, come isolante termico in cicli industriali (es. centrali termiche, industria chimica), come isolante termico in impianti (es. frigoriferi e di condizionamento); materiale di coibentazione di carrozze ferroviarie, autobus e navi. In edilizia, nelle coperture sottoforma di lastre piane o ondulate; in molti manufatti quali tubazioni, serbatoi, canne fumarie; nei pannelli per controsoffittature. Perfino dentro le nostre case, in alcuni elettrodomestici (es. forni, stufe, ferri da stiro); nei tessuti ignifughi per arredamento (es. tendaggi, tappezzerie); nei tessuti per abbigliamento (es. giacche, pantaloni, stivali).

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