Boris Johnson esulta per il risultato ottenuto dal suo partito conservatore, i Tories, alle elezioni del 12 dicembre e si appresta a rendere effettiva l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, come promesso in campagna elettorale. Ecco quali saranno le tappe della Brexit e cosa succederà nei prossimi mesi.
Con 365 seggi su 650, il partito conservatore di Boris Johnson ha ottenuto una schiacciante e storica maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni di Londra, non prevista in alcuni modo dai sondaggi. Johnson è stato confermato premier e dopo innumerevoli rinvii potrà finalmente realizzare quella Bexit tanto promessa, sulla quale ha costruito tutta la sua campagna elettorale.
Nel celebrare la vittoria alle elezioni, Johnson ha dichiarato di aver ricevuto un chiaro “mandato per la Brexit” che sarà onorato entro il 31 gennaio 2020. Questa, infatti, è l’ultima data di scadenza concordata nei mesi scorsi con l’Unione Europea. Il Primo Ministro britannico aveva chiesto tempo per le elezioni e i fatti gli hanno dato ragione.
Cosa succederà dopo il 31 gennaio? Il Regno Unito non uscirà nell’immediato dalla Ue ma si aprirà la fase di transizione che gradualmente lo porterà fuori dall’Unione che dovrebbe concretizzarsi il 1° gennaio 2021. C’è dunque ancora un anno di tempo per la Brexit vera e propria. Formalmente, il Regno Unito sarà ancora a tutti gli effetti uno Stato membro della Ue fino al 31 gennaio 2020, poi dovrebbe iniziare l’uscita graduale. Una “hard Brexit” senza accordi con la Ue non conviene al Paese, perché lo sprofonderebbe in una situazione caotica, sebbene tutti gli scenari siano al momento aperti.
I nodi cruciali saranno in particolare gli accordi commerciali, poiché con l’uscita dalla Ue il Regno Unito abbandonerà l’area di libero scambio europea e dovrà o contrattare nuovi accordi commerciali con ognuno dei singoli Paesi dell’Unione, in un’impresa titanica, oppure trovare un accordo con l’Unione a 27 Paesi nel suo complesso. Questa seconda ipotesi sembra più probabile oltre che ragionevole.
In vista di questa trattativa, l’Unione Europea nominerà per la sua parte un gruppo negoziale che riceverà dagli Stati membri il mandato a trattare i nuovi accordi commerciali con il Regno Unito. Alcune questioni di massima sono state già stabilite nell’ultimo accordo sulla Brexit tra Regno Unito e Unione Europea, quello prima delle elezioni, ma dovranno essere ulteriormente sviluppate ed esplicitate.
Tra queste, la materia più complessa riguarda il confine irlandese. Per evitare che tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord – che fa parte del Regno Unito – torni un confine fisico, ovvero quello tra Unione Europea, di cui fa parte la Repubblica d’Irlanda, e il nuovo Regno Unito fuori dalla Ue, lo scorso ottobre le parti in causa hanno trovato un accordo con cui di fatto l’Irlanda del Nord rimane nell’unione doganale europea e i controlli doganali tra Ue e Regno Unito verranno effettuati sul territorio britannico, non in Irlanda del Nord. Una situazione complicata che dovrà essere precisata con i nuovo negoziati.
La fase operativa del nuovo negoziato tra Ue e Uk dovrebbe svolgersi tra la primavera e l’estate del 2020. Una volta raggiunto il nuovo accordo per la Brexit, questo dovrà essere ratificato anche dai singoli Stati membri dell’Unione Europea, con l’approvazione dei parlamenti nazionali.
Tutto dipende da come si svolgeranno le trattative per questi negoziati, se si verificheranno intoppi oppure no o se il Regno Unito chiederà più tempo per presentare le proprie richieste. Boris Johnson ha già escluso quest’ultima possibilità e ha manifestato il suo ottimismo su una conclusione rapida delle trattative, con la prospettiva di arrivare al documento finale già a giugno 2020. Se tutto filerà liscio, l’uscita vera e propria del Regno Unito dalla Ue avverrà il 1° gennaio 2021.
Nel frattempo, non si escludono sorprese o colpi di scena, come la possibilità di una Brexit repentina e senza accordo, “no deal”, che tuttavia non converrebbe a nessuno.
In ogni caso, per il Regno Unito si apre una fase difficile, con la Scozia già sul piede di guerra, all’indomani nelle elezioni, nella sua ferma opposizione all’uscita dall’Unione Europea. Nicola Sturgeon, premier scozzese e leader dello Scottish National Party che ha stravinto in Scozia, ha già annunciato l’intenzione di indire un nuovo referendum per l’indipendenza. “Ancora una volta abbiamo detto no alla Brexit… La Scozia non può essere trattenuta da Westminster contro la sua volontà”, ha dichiarato Sturgeon.