Si riapre uno scontro governo-sindacati sulla riforma della scuola, divenendo fortemente acceso e divampando incendi a largo raggio. La scuola scese in piazza il 5 maggio scorso contro la ‘Buona Scuola’ con cortei di studenti e sindacati uniti, che manifestarono il loro dissenso al ddl di riforma della scuola del governo Renzi in sette città. “Oggi ci sono tante persone che protestano per la scuola, noi ascoltiamo le proteste, è giusto condividere e parlare, entrare nel merito. Ma per la prima volta questo governo stanzia 3mld di euro nella scuola. Sono pochi? E quelli di prima quanti erano?”, fu il parere del premier Matteo Renzi. Lunghi serpentoni marciarono a ritmo di tamburelli tra bandiere rosse della Flc Cgil, quelle azzurre della Uil e quelle della Cisl uniti a striscioni unitari dei sindacati di categoria che avevano indetto una protesta con la scritta:”Sciopero generale, l’unione fa la forza”. Molti i fazzoletti, portati al collo dai docenti, con la scritta “La buona scuola ci ha tolto la parola”. Sulla riforma della scuola, dopo l’iniziale fase di ascolto, il governo manifestò la disponibilità a delle modifiche. “Quello che non è accettabile è lasciare le cose come sono”, afferma il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi a Pesaro, dove si trovava per sostenere il candidato governatore del centrosinistra nelle Marche Luca Ceriscioli. Provocatoriamente le viene chiesto: “Ma la scuola in mano ai sindacati funziona?”. Il ministro risponde: “Io credo di no”. A seguito di questa risposta la Cgil prontamente attacca: “La dichiarazione della ministra Boschi conferma l’arroganza e il disprezzo della democrazia”, e la Cisl aggiunge: “Il problema della scuola non sono i sindacati, ma le scelte sbagliate del governo”. Ad accusare frontalmente ci pensa anche Stefano Fassina: “Che tristezza, la Boschi parla come la Gelmini nel 2008…”. E così, a 9 giorni dall’arrivo in aula alla Camera del ddl, le posizioni si allontanano ancora di più. E in tanti, come sindacati e M5S e Sel, annunciano proteste. Sel è secco: “La scuola pubblica italiana è in mano ai sindacati? No, gentile ministra, la scuola pubblica del nostro Paese è sulle spalle degli insegnanti italiani, va avanti grazie al loro impegno e ai loro sacrifici”, dice Vendola. Anche i grillini in commissione Cultura puntano il dito proprio contro le modifiche, molte conseguenti agli emendamenti di Ap come il diritto alla detrazione fino a 400 euro di retta per i genitori dei bimbi che frequentano le paritarie e l’aggiunta di fondi per il 5Xmille. Parlano di un compromesso al ribasso e squilibrato e soprattutto annunciano: “Alle azioni di protesta e contrasto che metterà in campo il mondo della scuola nei prossimi giorni si aggiungeranno anche le nostre perché la disubbidienza, in questo caso, rappresenta un atto di civiltà”. Il sindacato nell’angolo non è rimasto: “La scuola non è dei sindacati ma nemmeno proprietà privata del Governo. È del Paese e di chi quotidianamente garantisce alle nuove generazioni di avere una istruzione all’altezza dei tempi”, risponde duro il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo. Le modifiche in commissione? “Gli emendamenti approvati non cambiano l’impianto autoritario e incostituzionale del disegno di legge. Nelle prossime ore la mobilitazione continuerà e si allargherà”. Il 19 maggio il ddl arriva in aula alla Camera; entro il 15 giugno dovrebbe essere approvato al Senato e il ministro Giannini spera che dal 1 settembre 2015 questo ddl cambi, migliorandola, la scuola italiana. A nulla, per i critici, sono servite le modifiche apportate al ddl che ha superato l’esame della commissione Cultura della Camera. Al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che parla di un testo “arricchito e integrato con la risoluzione di alcuni nodi tecnici e politici che ci aspettavamo e siamo lieti siano stati sciolti già qui alla Camera”, rispondono i grillini che bollano tutto come un “impianto irricevibile”. Ma è la Boschi a far infuriare il sindacato. E dire che il ministro inizialmente aveva lasciato intendere un’apertura: “La riforma non è prendere o lasciare”. Poi ha ribadito che quello che non è accettabile è lasciare le cose come sono. Ha chiarito, il ministro Boschi, che il ruolo del dirigente è stato attenuato, pur riconoscendo l’autonomia dei dirigenti che devono poter individuare l’insegnante più giusto per la loro scuola e che nel Piano dell’offerta formativa sono coinvolti anche i docenti, le famiglie e i ragazzi più grandi. “Al Senato ora c’è un passaggio fondamentale, una sfida da cogliere insieme. Rinviamo tutto? No, non ci sto”, ha messo in chiaro il ministro. Del resto, continua, gli italiani non ci perdonerebbero se mandassimo all’aria tutto. Dunque, si va avanti. Per il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, quella effettuata in Commissione Cultura alla Camera per la discussione del ddl ‘La Buona Scuola’ è stata una maratona molto proficua. Dal punto di vista del governo, è la rappresentazione plastica che portare in Parlamento questo ddl ha una valenza politica e culturale molto forte perché il testo ne esce arricchito e integrato con la risoluzione di alcuni nodi tecnici e politici che ci aspettavamo e siamo lieti siano stati sciolti già qui alla Camera: “La qualità del dibattito al quale anche io ho assistito è stata altissima. Mi auguro che l’ultimo emendamento votato, relativo alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e di entrata in vigore della riforma, sia di buon auspicio affinché questa data si avvicini molto rapidamente e che il 1 settembre 2015 questo ddl cambi, migliorandola, la scuola italiana”.
Roberto Cristiano