Migliaia di fans da tutto il mondo hanno contribuito a rendere possibile, attraverso il crowdfunding ‘Lo chiamavano Bud Spencer’, il documentario/road movie realizzato in otto anni di lavoro, dall’austriaco 28enne Karl-Martin Pold. Il film non fiction dopo il debutto in Austria e in Germania, a luglio, in oltre 200 sale, dove è restato in programmazione per due mesi, arriva alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Riflessi. E Giuseppe Pedersoli, il figlio dell’attore scomparso nel 2016 a 86 anni, annuncia che ‘prepareremo anche un’edizione italiana da far uscire nelle sale, sperando di non sfigurare rispetto ai tedeschi’.
Il documentario è una testimonianza originale a appassionata della capacità di Carlo Pedersoli in arte Bud Spencer di coinvolgere, divertire, e spesso creare con i pubblici più diversi e di più generazioni, anche una forte connessione emotiva. Lo dimostrano ad esempio, le immagini dell’affetto e delle file chilometriche ai firmacopie con cui l’attore era stato accolto in Germania qualche anno fa durante il tour di promozione della sua autobiografia. ‘Ho dedicato a Bud Spencer due tesi universitarie. Da bambino lo amavo per le sue scene di scazzottate e perché difendeva i deboli, da più grande ne ho apprezzato lo humour, spiega Pold all’Ansa, mi sembrava incredibile non ci fosse un documentario su di lui.